di Sergio Cararo

Alla fine è sbottato anche Bersani. Il Pd rischia di spaccarsi in Parlamento sull'art.18? Difficile ma al momento le posizioni interne non coincidono del tutto. Monti e Napolitano si sono presi il tempo necessario per “cucinare” le eventuali opposizioni e presentare un piatto indigerible senza troppe rotture.

“Non morirò dando il via libera alla monetizzazione del lavoro” si è sfogato oggi il leader Pd, consapevole che sull'art.18 si gioca anche la tenuta del partito - diviso tra chi è orientato a votare no al diktat di Monti e chi non mette in discussione il sostegno al governo. La tensione tra una parte del Pd, più sensibile alle proteste degli elettori di sinistra, e il governo sembra raggiungere livelli di guardia. Per Rosy Bindi “Questo governo può andare avanti se rispetta la dignità di tutte le forze che lo sostengono”. Il no al governo Monti sulla riforma del lavoro è una parola al momento ancora indicibile ma dentro il Pd le aree dei lettiani e dei veltroniani temono che Bersani possa mettersi di traverso se la riforma in Parlamento non verrà modificata e cominciano a pensare ad una rottura del Pd stesso.

“Ci sono parti positive quando si parla di riduzione della flessibilità in entrata, tuttavia c'è il punto caldo dell'articolo 18 che non va bene perchè è profondamente sbagliato aumentare la possibilità di licenziamento per motivi economici” commenta oggi il dirigente del Pd (ed ex sindacalista Cgil) Cesare Damiano, il quale aggiunge “Io non so se il Pd rischia di spaccarsi, dico solo che non prendiamo a scatola chiusa quello che decide il governo. Noi lavoreremo per trovare un punto d'incontro comune dentro al partito», conclude Damiano. “Quando Monti in conferenza stampa ha parlato di accordo di tutti, tranne che della Cgil, mi è parso di risentire Sacconi” è il giudizio di Stefano Fassina del Pd in un'intervista a Repubblica “il Pd sarà in prima linea per cercare di modificare la riforma in Parlamento, valuterà autonomamente nel merito e proporremo i nostri emendamenti”.

Se quelle segnalate sopra sono le valutazioni di esponenti del Pd scettici o contrari al diktat del governo Monti sull'art.18, c'è un'altra parte del Pd che suona una musica completamente differente.”Lavoreremo ancora, fino alla fine, per soluzioni più condivise ma il nostro voto favorevole, pur con tanti distinguo, non può essere in discussione” afferma ad esempio il vicesegretario del Pd Enrico Letta in merito alla trattativa sulla riforma del mercato del lavoro. Ed ancora “se il governo presenterà un testo conforme ai principi finora largamente condivisi, il Pd non potrà che sostenerlo” sostiene un altro dirigente del Pd come Beppe Fioroni a Repubblica. L'esponente del Pd giudica positivamente la trattativa sulla riforma del lavoro. Non poteva mancare il commento positivo di uno dei mandanti politici e intellettuali dell'abolizione dell'art.18 “Vivere questo progetto di riforma dell'articolo 18 come una medicina amara e indigesta da ingerire con il naso tappato da parte del Pd a me sembra molto fuori luogo” ha detto il senatore Pietro Ichino questa mattina ai microfoni di Rcf. Secondo il giuslavorista “è necessario combattere prioritariamente una battaglia contro il dualismo del mercato tra protetti e non protetti. Questa battaglia – ha comentato Pietro Ichino - è il cuore di questo progetto del governo Monti che attinge in larga parte a materiale programmatico elaborato in questi anni all'interno del Pd”.

Fonte: contropiano.org

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