PERUGIA - “In Umbria, pure esistendo un pericolo reale di infiltrazioni criminali, sono al momento assenti due dei fattori che maggiormente favoriscono l'insediamento dei grandi gruppi criminali: la corruzione nella Pubblica amministrazione e la predisposizione alle frodi del tessuto economico finanziario”. Lo ha detto, aprendo l'audizione con i vertici regionali della Guardia di finanza convocata dal presidente della Commissione di inchiesta sulle infiltrazioni mafiose in Umbria, il comandante regionale dell'Umbria, generale Fabrizio Cuneo, che ha partecipato all'incontro insieme al Comandante provinciale di Perugia, colonnello Vincenzo Tuzi, e al Comandante del nucleo di polizia tributaria di Perugia, tenente colonnello Enrico Blandini.

Sollecitato dalle domande dei componenti della Commissione di inchiesta (Paolo Brutti, presidente - Idv, Gianluca Cirignoni, vice presidente – Lega nord, Maria Rosi, Pdl, Andrea Smacchi, Pd, Damiano Stufara, Prc – Fds) il generale Cuneo ha spiegato che “l'operazione che ha portato al sequestro di beni e immobili a Perugia è nata dall'attività investigativa e ricognitiva effettuata dalla Gdf sul sistema economico regionale, con particolare attenzione all'apertura di partite iva, al rilevamento di imprese e alla loro gestione. Osservando poi la storia e le caratteristiche degli imprenditori coinvolti in attività edilizie, è emerso il reinvestimento nelle regioni dell'Italia centrale di denaro riconducibile al clan dei Casalesi. Una attività di riciclaggio portata a termine attraverso il rilevamento di aziende in crisi che poi vengono portate al fallimento ed utilizzate per l'emissione di false fatture oppure risanate ed utilizzate per ottenere profitti attuando una gestione criminale.

L'intervento della Guardia di finanza – ha spiegato Fabrizio Cuneo – è stato molto rapido, permettendo di evitare il radicamento delle metodologie criminali (pizzo, corruzione, evasione fiscale) sul territorio. Non si può parlare di massiccia infiltrazione criminale in Umbria ma certamente del potenziale rischio di infiltrazione attraverso l'acquisizione di attività produttive finalizzato all'investimento di proventi illeciti, che solitamente avviene in luoghi lontano da quelli in cui l'organizzazione opera”. Il generale Cuneo ha poi sottolineato che “le difficoltà del sistema economico potrebbero aprire nuovi spazi a chi dispone di ingenti liquidità e può quindi sostituirsi agli istituti di credito per finanziare imprenditori in crisi e magari privi di garanzie.

L'attività di contrasto alle infiltrazioni criminali può passare dal controllo e dalla tracciabilità dei pagamenti anche per le transazioni tra privati (possibile se questi avvengono attraverso sistemi bancari o carte di credito) e dall'attività investigativa delle forse dell'ordine, che può evidenziare situazione anomale non altrimenti riscontrabili. Ad esempio, nel caso degli immobili di Ponte San Giovanni (dove si sono registrati molti pagamenti in contanti), tutti i passaggi societari sono risultati regolari e solo il controllo del territorio e l'analisi delle banche dati ha permesso di intervenire. Il reinvestimento dei capitali irregolari riguarda soprattutto il settore edilizio, i supermercati e le attività turistiche, tutti ambiti in cui circola molto contante ed è più facile regolarizzare i proventi illeciti. Le attività delle organizzazioni criminali negli anni hanno subito una 'evoluzione' passando dall'uso di violenza e intimidazioni ad attività finanziarie e di impresa, da gestire secondo la metodologia criminale. Amministrazioni pubbliche e imprenditori possono contrastare le infiltrazioni criminali facendo molta attenzione alla storia delle aziende con cui trattano, al loro capitale sociale e al rispetto delle norme del settore”.

Il presidente Paolo Brutti, apprezzando la scrupolosa relazione del generale Cuneo, ha ribadito l'importanza di investigazioni così tempestive, come nel caso dell'operazione “Apogeo”, insistendo sulla possibilità di appropriarsi il prima possibile dei beni confiscati. A questo riguardo il tenente colonnello Blandini ha confermato la possibilità di espropriare i beni in tempi non brevissimi ma neanche lunghi. “La reciproca determinazione della Guardia di Finanza e della istituzione regionale a recuperare il cospicuo numero di alloggi sequestrati – ha detto Brutti – è un buon viatico per concludere in modo virtuoso e sufficientemente veloce la questione”.

A proposito del futuro utilizzo degli immobili sequestrati dalla Guardia di finanza, il comandante ha chiarito che l'articolo del codice penale utilizzato prevede la confisca dei beni, ma la procedura è laboriosa e non particolarmente celere, avendo tempi tecnici non comprimibili. 

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