di Nicola Bossi

PERUGIA - Una proposta di legge - presentata da un comitato di Gualdo Tadino - potrebbe riaprire la partita con le grandi multinazionali dell'acqua minerali titolati di licenza per attingimenti in Umbria. Sono 17 i marchi a fronte di 13 aziende che anche quest'anno hanno totalizzato grandi profitti anche sopra la media nazionale. La proposta di legge del comitato - valutato oggi in Seconda Commissione del presidente Gianfranco Chiacchieroni - prevede maggiori fondi ai Comuni attraverso un fondo regionale dove viene trattenuta una quota delle tasse (esigue) versate alla Regione dalle aziende di acque minerali. Fondi che serviranno per incrementare i budget per la tutela dell'ambiente e per il sociale. 

Il secondo aspetto che emerge è quello di aumentare i canoni - portanto da 50 centesimi ad un 1 euro al metro cubo di acqua imbottigliato contro 1euro45 centesimi fatto pagare ai cittadini - che sono i più bassi d'Italia. Nel lazio si paga 3 euro, in Toscana 2 e altrove fino a 4 euro al metro cubo. La Seconda commissione ha deciso di proporre sia l'aumento dei canoni che un fondo per i comun dove avviene lo sfruttamento commerciale delle acque. E' stato proposto, a fronte dell'aumento, anche alcuni sgravi fiscali per coloro che nel Marchi scriveranno Acque dell'Umbria. Un piccolo sponsor regionale per far digerire gli aumenti ai signori delle Minerali. 

 

Il dibattito


Dal dibattito successivo alla audizione, pur con qualche distinguo, è emerso
un ampio consenso alla proposta. Orfeo Goracci (Prc FdS) ha espresso
piena condivisone, “è un esempio evidente di privatizzazione da superare,
una concessione da tenere sotto osservazione anche dal punto di vista
ambientale con canoni comunque da aumentare, al pari di altre realtà
similari come lo sfruttamento delle cave”. Per Paolo Brutti (Idv), “Sarà
difficile trasferire la titolarità della concessione di sfruttamento dalla
Regione ai Comuni. Lo stato di abbandono del sito da parte della società che
imbottiglia è comunque grave e potrebbe essere motivo di revoca della
concessione”. Roberto Carpinelli (Marini per l'Umbria) “difficile evitare
il regime di concessione, ma è giusto aumentare i canoni a favore del
territorio: nel 2008 si calcolò che ciò che paga la Rocchetta alla Regione
è così esiguo che non serve nemmeno a coprire i costi di smaltimento delle
bottiglie di plastica che finiscono nei rifiuti urbani”. Sandra Monacelli
(Udc)
“favorevole alla legge di iniziativa popolare: il ristorno di risorse
sul territorio dovrebbe essere obbligatorio e proporzionale alla entità
degli investimenti da fare, ad esempio per porre rimedio alle forte
dispersione di acqua potabile di (fino al 65 per cento) che hanno i nostri
acquedotti”. Più problematici gli interventi di Raffaele Nevi (Pdl), che
ha parlato di “possibile punto di intesa da raggiungere con i promotori”,
ma anche di “maggior chiarezza da parte della Giunta regionale che si
esprime ufficialmente contro questa proposta di iniziativa popolare, salvo
poi partecipare alle iniziative pro Referendum a Nocera Umbra”, e di
Vincenzo Riommi (Pd) favorevole ad un maggior ristorno di risorse ai
territori, ma che ha messo in guardia dai rischi di concessioni ai Comun
i,
che potrebbero utilizzarli come “facile strumento per fare cassa”; e
sulla situazione di Gualdo Tadino, “dove si pone tanta attenzione nei
confronti della Rocchetta che dalle sorgenti preleva 12 litri al secondo,
mentre l''acquedotto consortile ne assorbe 800, e di questi la metà potrebbe
finire nella voragine della dispersione dovuta alle perdite dell'impianto”. 

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