Si spera sia l’ultima not­tata di trat­ta­tiva. Ma quando c’è di mezzo Lucia Mor­selli le pre­vi­sioni sono impos­si­bili. Il futuro delle Accia­ie­rie spe­ciali di Terni è ancora nelle mani dell’amministratrice dele­gata che, pres­sata da governo e sin­da­cati, è ancora molto lenta nell’avanzare verso il com­pro­messo e il tra­guardo dell’agognato accordo.

L’ennesima gior­nata cam­pale di que­sti quat­tro mesi di fol­lia indu­striale è comin­ciata alle otto del mat­tino a Terni con il ritorno al lavoro dopo 34 giorni di scio­pero di qua­dri, impie­gati e pochi reparti di pro­du­zione tra cui il cen­tro di fini­tura. Dalle 13 a Roma la trat­ta­tiva – si spera finale e riso­lu­to­ria – al mini­stero dello Svi­luppo eco­no­mico. Una man­ciata di ope­rai con il caschetto di ordi­nanza come sem­pre a pre­si­diare e a tenere infor­mati in tempo reale i com­pa­gni a viale Brin.

E a rac­con­tare le ten­sioni che si sono vis­sute lì: «Alcuni lavo­ra­tori degli appalti hanno cer­cato di for­zare il blocco alla por­ti­ne­ria per entrare o con­vin­cere altri col­le­ghi a sbloc­care i pro­dotti che invece non devono uscire. C’è la pos­si­bi­lità che for­zino il blocco con dei camion», rac­conta Anto­nio. Il grosso della pro­du­zione rimarrà bloc­cata fino a lunedì pros­simo quando tor­ne­ranno al lavoro i reparti dell’acciaieria e «treno a caldo».

In que­sto con­te­sto carico di ten­sione è andato in scena il tavolo che tutti si augu­ra­vano fosse deci­sivo. Sotto la piog­gia romana la prima a pre­sen­tarsi con il solito largo anti­cipo è stata Lucia Mor­selli. Poi gli espo­nenti del governo — il sot­to­se­gre­ta­rio al lavoro Teresa Bel­la­nova, entrata otti­mi­sta: «credo ci siano le con­di­zioni per­ché si possa fare un accordo che non pre­veda alcun licen­zia­mento», è arri­vata a dar man forte al mini­stro Fede­rica Guidi — e i sin­da­ca­li­sti — otti­mi­sti quelli di Fim Cisl, Uilm e Ugl, rea­li­sti quelli della Fiom: «Siamo qui per fare la trat­ta­tiva e raf­for­zare il piano indu­striale, anche il governo deve pren­dersi le sue respon­sa­bi­lità, andiamo con l’intenzione di chiu­dere, ci augu­riamo anche gli altri siano di que­sto avviso», ha dichia­rato Mau­ri­zio Landini.

Dopo una lunga «ristretta» di «rico­gni­zione gene­rale» per ripren­dere il filo del nego­ziato rispetto al docu­mento messo a punto dal governo nell’ultima riu­nione della set­ti­mana scorsa — otto pagine che san­ci­vano il piano indu­striale di 4 anni, la pro­du­zione ad un minimo di 1 milione di ton­nel­late di acciaio — la riu­nione è pro­se­guita con l’intento di tro­vare un com­pro­messo accet­ta­bile da entrambe le parti su tre cru­ciali que­stioni: l’azzerramento degli esu­beri, una clau­sola che tuteli i lavo­ra­tori degli appalti in caso di cam­bio di azienda, i premi e le inden­nità aziendali.

Sul tema degli esu­beri i sin­da­cati — in par­ti­co­lare la Fiom — ave­vano già riba­dito come non fos­sero dispo­ni­bile a fir­mare un accordo che pre­veda anche un solo licen­zia­mento. Il conto va comun­que fatto con­si­de­rando il numero — sem­pre in costante aumento — dei lavo­ra­tori che accet­tano la buona uscita da 80 mila euro lordi — 60mila netti. La dif­fe­renza tra i desi­de­rata dell’azienda e i numeri reali si sarebbe assot­ti­gliata sotto le 70 unità. A dare ancora grat­ta­capi è il tema della cosid­detta clau­sola Berco, una norma con­te­nuta nell’accordo fatto dalla Mor­selli due anni fa nella trat­ta­tiva sulla mul­ti­na­zio­nale chi­mica. Ma in quel caso la tutela dei lavo­ra­tori degli appalti rimase let­tera morta, e que­sta volta Mor­selli non molla la presa. Sul tema degli accordi azien­dali l’azienda pro­pone 8,5 milioni di euro annui, i sin­da­cati ne chie­dono 11. Sulle inden­nità per i festivi il gap è di 15 euro: 25 offre l’azienda, 40 vor­reb­bero i sindacati.

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