di rassegna.it

“Chi ha a cuore il welfare e una politica di sinistra, non può immaginare un futuro di poveri. Renzi dice che darà le tutele a tutti, poi si guarda la delega e si scopre che c'è il contrario, cioè la riduzione delle coperture. Il solo fatto di dover calcolare le settimane di lavoro per l'indennità di disoccupazione escluderà tanti precari. Dietro a quel titolo dell'universalità degli ammortizzatori sbandierato dal governo, c'è l'operazione contraria”. Così il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, nell'incontro con un gruppo di under 35, precari, neet, interinali, partite Iva trasmesso in diretta da RadioArticolo1 (qui si può ascoltare il podcast) verso la manifestazione nazionale del 25 ottobre in piazza San Giovanni a Roma.

“Ci conteranno a uno a uno - sottolinea Camusso -, la mobilitazione è una sfida esplicita che verrà misurata. Noi la facciamo per cambiare l'idea del lavoro che ha il governo e  per cambiare la legge di stabilità. Il messaggio che lanceremo dalla piazza - aggiunge - è che abbiamo uno straordinario bisogno di cambiare il paese. Chi non riconosce nel lavoro la molla per farlo, in realtà non vuole farlo. Sappiamo che non basterà una manifestazione", spiega ancora la dirigente sindacale ricordando che dal 25 ottobre partirà una stagione di iniziative: "Stiamo facendo tante cose, anche nei territori, scioperi ma non solo. Dobbiamo fare uno sforzo nella convinzione che solo ricostruire l'unità del mondo del lavoro può cambiare il paese”.

L'incontro odierno tra il leader della Cgil e i giovani ha fornito l'occasione per affrontare un argomento che va sempre di moda, ancora di più negli ultimi tempi. Cosa fa la Cgil per i giovani? Lo chiede subito Ludovica, ricercatrice precaria dell'Istat, se non sia arrivato il momento di riformare il welfare: “Saremo in piazza anche per questo, oggi non abbiamo un sistema di ammortizzatori che permetta a tutti di accedere”, risponde Camusso. E chi ha un contratto a progetto come Fabio, 31 anni, precario edile napoletano? “Ci battiamo affinché non ci siano più 46 forme di assunzione, un sistema che purtroppo voi giovani conoscete molto bene. Abbiamo contrastato a suo tempo il contratto a termine senza causale introdotto con il decreto Poletti. Da sempre la nostra battaglia è abolire tutte quelle forme e tornare alla normalità dei rapporti di lavoro”.

E la solita storia del sindacato colpevole del precariato perché troppo impegnato a difendere gli altri, i garantiti? “Nel passato abbiamo contrattato poco per chi non aveva un rapporto di lavoro stabile - osserva Camusso - ipotizzando che bastasse un cambiamento della legge. È stato un grande errore che partiva da una convinzione, sbagliata ma in buona fede, che il precariato non sarebbe dilagato in questo modo. Nel pubblico, per esempio, si pensava che fosse una stagione transitoria”. Altra cosa è la vulgata, diffusissima, secondo cui è tutta colpa della Cgil: “Quelle leggi le ha fatte il Parlamento, non noi, con l'idea di continuare a ridurre i costi. Un'idea che mette in pratica anche questo governo quando dice 'consegniamo alle imprese la libertà di licenziamento'. Si fa l'operazione di addossare tutte le colpe al sindacato, il soggetto di riferimento di questa politica economica è solo l'impresa”.

Tante le questioni poste sul tavolo. Barbara, infermiera a tempo indetermininato, ricorda l'ingiustizia dei luoghi di lavoro in cui si applicano diversi tipi di contratto per le stesse mansioni. Antonio, 35 anni, tirocinante nel settore della giustizia, prende solo un rimborso spese per il suo impegno nelle cancellerie. Angela, lavoratrice della formazione per il Comune di Roma, se le va bene diventerà co.co.pro, se va male perderà il posto. Chiede a Camusso come la Cgil immagini la sua pensione tra vent'anni, quella dei futuri anziani poveri: “Intanto - risponde Camusso - bisogna ricordare che la legge Fornero ha fatto l'opposto di quello che serviva, cioè è stata peggiorativa per chi ha lavori meno retribuiti. Noi abbiamo un altro progetto di cambiamento, una serie di richieste fatte con Cisl e Uil che riteniamo ancora valide. Per le generazioni già al lavoro, l'idea è puntare alle 'pensioni di garanzia' dignitose per chi oggi fa lavori discontinui. Il tema non semplice, perché nel frattempo c'è chi pensa a tagliare proprio le pensioni e chi indebolisce la previdenza complementare tassando di più gli sforzi dei lavoratori”.

Antonio, freelance dell'editoria, vive di collaborazioni pagate poco e male. “A uguale lavoro - è l'idea della Cgil - non ci può che essere uguale retribuzione, il contrario di quanto prevede il Jobs Act con il demansionamento. Il problema anche in questo caso è nella continuità del reddito. Noi pensiamo che gli ammortizzatori sociali debbano dare, oltre all'indennità finale, anche la copertura degli intervalli tra lavori discontinui, cosa che si può fare con il concetto di 'lavoro economicamente dipendente' da distinguere rispetto al vero lavoro autonomo". Maria Antonia introduce il tema del telelavoro. Da gennaio le hanno detto potrà lavorare solo da casa. “Proviamo a vederla in positivo - risponde Camusso - . Che le tecnologie lo consentano può essere una cosa buona per certe mansioni. Il problema è se diventa una modalità delle imprese per pagare di meno e poi viene raccontato in altro modo, come giustificazione del fatto che 'così le mamme stanno con i bambini'”.

In conclusione, osserva il leader della Cgil, c'è ancora l'esigenza della voce collettiva del sindacato: “Siamo in un modo di tante solitudini, il 'sentirsi soli' è una delle cose che ci sentiamo dire di più nelle fabbriche che chiudono, tra i precari, tra gli anziani. È l'effetto di una politica di divisioni con molti anni alle spalle, una guerra che rompe i legami di solidarietà. Il lavoro come punto di identificazione - conclude - è anche un modo per ricomporre queste solitudini. Non perché tutti sono uguali, ma perché sono persone in carne e ossa. Ecco perché si devono ascoltare e rispettare le forme organizzate di rappresentanza. I singoli non possono cambiare il mondo”.

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