PERUGIA - C’è chi ha detto che il 25 aprile è il simbolo di “una straordinaria storia italiana”. Senza dubbio la ricorrenza dei settanta anni della Liberazione dell’Italia dall’occupazione tedesca, il crollo definitivo del nazifascismo e della sua orribile dittatura, la fine di una lunga e tragica guerra con i suoi tantissimi morti, con i sopravvissuti e gli scampati dai campi di concentramento e di sterminio, con il ritorno degli intellettuali e dei politici antifascisti, segna senza dubbio, l’inizio di una nuova storia dell’Italia, che divenne dopo di allora democratica, repubblicana e con una straordinatia Costituizione.

Rendere omaggio agli uomini e alle donne di allora che in Italia ed anche in Umbria scelsero di stare dalla parte giusta, quella cioè della liberta e dell’affermazione dei valori democratici, significa pensare anche alle fondamenta più robuste dell’Italia di oggi.

Gli uomini e le donne della Resistenza avevano ragione perché combatterono una buona battaglia schierandosi contro il dittatore nazista e collaborando attivamente con le forze alleate che furono determinanti, con la loro azione militare, nel liberare l’Italia intera e sostenere la nascente democrazia.

In questo senso va ricordato anche il ruolo dell’Umbria che contribuì al processo di liberazione nazionale e alla “rinascita della Patria”. Nella nostra regione oltre 3700 furono i combattenti partigiani, più di 1700 i civili che sostennero attivamente con azioni concrete il processo di liberazione. Dobbiamo doverosamente ricordare in questa nostra terra anche quelle vittime civili, innocenti, cancellate dalle rappresaglie nazifasciste (circa 250 vittime in Umbria), dai Martiri di Gubbio all’episodio di Camorena di Orvieto; dai fatti di Marsciano ai rastrellamenti nelle zone di Narni, Otricoli e Calvi; da Città di Castello agli episodi dell’Appennino eugubiono-gualdese e della montagna folignate-spoletina e i 200 caduti sotto i colpi dei bombardamenti, in modo particolare quelli della città di Terni che fu la più martoriata della regione.

Tanti furono poi protagonisti anche in Umbria, tra quelli che militavano tra le formazioni partigiane, ma anche civili, contadini, operai della fabbriche, militari, insegnati, preti e religiosi dei principali monasteri, che silenziosamente diedero supporto e protezione ai Comandi militari delle forze alleate e alle brigate partigiane, consentendo di mettere fine al regime fascista e all’occupazione anche nella nostra regione.

In quegli anni difficili che precedettero la fine della guerra e la caduta del nazifascismo ci furono uomini che ebbero il coraggio e la capacità di pensare ad una Europa diversa, elaborando quel “manifesto di Ventotene” nel lontano 1941 (nel tempo in cui le forze armata tedesche sembravano invincibili) che sarebbe divenuto pochi anni dopo il fondamento ideale e spirituale delle nuove Istituzioni europee comuni.

Quel popolo di allora che il 25 aprile 1945, con l’insurrezione delle grandi città del nord come Milano e Genova fu un popolo coraggioso, impastato di povertà, ma anche di grande orgoglio e seppe vedere nella guerra di liberazione non solo la caduta di un regime orribile che si era macchiato degli orrori piu terribili della storia europea del ‘900, che ebbe la capacità di immaginare in quei terribili giorni comunque un futuro per il Paese, fatto di rinascita, di maggiore giustizia sociale, di diritti fondamentali da assicurare - a cominciare dal lavoro - e si misero a ricostruire l’Italia con forza e determinazione davvero straordinarie.

E allora, oggi che il 25 Aprile è giustamente ed orgogliosamente la Festa di tutti gli italiani, dobbiamo saper apprendere la lezione di quegli uomini e di quelle donne che con la loro scelta giusta, cioè di stare dalla parte dell’antifascismo e della resistenza, fecero riscattare il profilo morale di una intera Nazione.

Oggi più che mai, considerando che molti dei testimoni diretti di quella “straordinaria storia italiana” stanno venendo meno, abbiamo il dovere di dedicare ancora più spazio a questa celebrazione, affinché la memoria non venga mai meno, affinché soprattutto i ragazzi e i giovani di oggi possano continuare ad apprendere l’insegnamento che quegli uomini e quelle donne ci hanno dato, costruendo la Repubblica italiana, libera e democratica.

Catiuscia Marini

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