In un periodo di forte cambiamento come questo, segnato da tanti limiti e difficoltà, A.IT.A Umbria ha deciso di continuare a svolgere a distanza le sue attività. Lo scopo? Accorciare le distanze. Distanze create già di per sé dall’afasia, e accentuate dallo stato di emergenza sanitaria che ha costretto tutti a porre dei grossi limiti alla vita di tutti i giorni.

Ciò che la pandemia ci ha tolto è stata la possibilità di vederci di persona, tra persone afasiche, volontari, amici. Ciò che la pandemia ci ha dimostrato però è che possiamo essere vicini anche se lontani e che questa vicinanza non conosce confini. Ed ecco che, in quest’ottica, il termine “da remoto” diventa quasi paradossale.

Questa connessione “da remoto” in effetti, ha tanto supportato le nostre attività fino a questo momento e oggi ci consente addirittura di oltrepassare i confini tra Stati. A breve infatti, A.IT.A. Umbria vi accompagnerà in un meraviglioso viaggio tra Italia, Francia e Argentina.

 

Il 5 Marzo è stata l'occasione per conoscere il libro di Francesca Fedrizzi “Ballando le Parole”, un libro che parla di tango, afasia e tangoterapia per afasici, presentazione accompagnata dagli intermezzi musicali del cantante e chitarrista franco-argentino Brian Chambouleyron

Pubblicato in forma indipendente e in formato bilingue italiano/spagnolo nel 2015 a Buenos Aires, il libro è stato successivamente pubblicato in francese con amplia diffusione nei paesi francofoni dall’editoriale Enrick B. Edition (Parigi, 2018).

Tra le pagine di “Ballando le Parole” l'autrice, nata e cresciuta a Gorizia, narra un’originale storia di afasia che prende atto tra l’Italia e l'Argentina. Nel 2006 infatti, Francesca Fedrizzi si trasferisce a Buenos Aires dove si avvicina ed inizia ad approfondire, inizialmente, il ballo del Tango e successivamente la Tangoterapia come strumento di benessere, iniziando un percorso di formazione con il dott. Federico Trossero, psichiatra argentino e padre della Tangoterapia.

Nel 2009 la vita le para davanti una sfida: suo padre subisce un ictus ischemico dal quale residua un’afasia. Nelle sue parole questo rappresenta un momento cardine dell’esistenza, durante il quale si comprende appieno come certe risorse personali che diamo per scontate, ad un certo punto ci possano apparire non più adeguate o sufficienti per affrontare le situazioni di vita.

Come dice l’autrice, l'ictus è già di per sé un evento traumatico e inaspettato. Tuttavia la vera sfida inizia solo dopo tale circostanza: ormai sollevata e con il padre fuori pericolo di vita, Francesca inizia a rendersi conto che è quasi impossibile comunicare con lui. L’ictus porta con sè una consistente afasia che in tutta la sua complessità e crudeltà, lascia un uomo lucido e cosciente, ma totalmente incapace di comunicare, sia in forma orale che scritta, e comprendere qualsiasi tipo di messaggio.

La lettura di "Ballando le parole" accompagna il lettore lungo un cammino intenso ed emotivo, lo stesso percorso dell'autrice e della sua famiglia, che attraversa ampie e inaspettate sfumature emotive. Con parole chiare e semplici, ma non per questo meno efficaci, l'autrice descrive un mosaico di emozioni, delineando stati d'animo che vanno dal dolore, alla disperazione, passando per l'impotenza e la frustrazione, per poi trovare infine, con una certa sorpresa, una forte motivazione, una forza inaspettata, sollievo e grande speranza. Muovendosi a passi di tango, Francesca ultima la sua formazione in tangoterapia e presenta, per la prima volta, il progetto “Tangoterapia per persone con afasia” alla Fundaciòn Argentina de Afasia Charlotte Schwartz, guidata dalla stella quieta, ma splendente, del suo papà.

La presentazione del libro è rivolta in particolar modo “alle tante persone che, hanno vissuto un'esperienza simile alla mia; persone con afasia e familiari e amici di persone con afasia che, come me, hanno sentito l'imperiosa necessità di superare gli ostacoli e i limiti della comunicazione che l'afasia ci ha obbligato ad affrontare”.

L’afasia ci riguarda e ci coinvolge tutti, non è una condizione che si può ridurre soltanto al “problema dell’afasico”. Come dice Francesca “se non possiamo essere coloro che producono il messaggio, potremmo però essere coloro che lo ricevono, che lo comprendono: la comunicazione coinvolge sempre, e come minimo, due persone”.

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