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di Eugenio Pierucci Altro che “Robin tax”! Come volevasi dimostrare il governo delle destre, al di là dei proclami con i quali Tremonti ci vorrebbe far credere di aver messo nel suo mirino le grandi rendite, in realtà fa il Robin Hood al contrario, perché in realtà toglie ai poveri per dare ai ricchi. Come? Essenzialmente modificando il prelievo fiscale che è nel complesso diminuito a tutto favore di chi le tasse dovrebbe pagarne di più in base alla sue maggiori disponibilità. Prendiamo, ad esempio, l’andamento dell’Iva il cui gettito, per ammissione dello stesso governo, è in preoccupante diminuzione (a luglio -7%). Ciò vuol dire che con la vittoria elettorale della destra è decisamente mutato l’umore dei “contribuenti” più facoltosi. Con Prodi al governo era maturata in loro la convinzione che c’era poco da scherzare e per due anni il gettito Iva è cresciuto costantemente, mentre con il ritorno di Berlusconi ha cominciato a prevalere l’idea che adesso si può tranquillamente tornare all’antico vizio con grande speranza di farla franca. E non è vero, come alcuni sostengono, che questa diminuzione del gettito Iva debba essere attribuita esclusivamente al calo dei consumi, perché è facile controbattere comee questo calo sia di gran lunga inferiore al -7% dichiarato per l’Iva. Inoltre va considerato che nei primi 6 mesi del 2008 il gettito dell’Iva aveva continuato a crescere del 2,6%, per cui il calo di luglio assume proporzioni ancora più preoccupanti e difficilmente spiegabili altrimenti. Altra considerazione, che ci deve fortemente preoccupare, è che assieme a quello dell’Iva calano anche i gettiti di altre importanti imposte: ad esempio nei primi 6 mesi i versamenti dell’Irres da parte delle imprese sono diminuiti ancora di più, esattamente del 15%, pari a circa 2 miliardi e mezzo di euro, mentre altri 750 miliardi di euro sono venuti a mancare per l’Irap. Ciò significa che nel complesso le imprese solo in questi primi 6 mesi del 2008 hanno versato in meno qualcosa come 3 miliardi e oltre di euro. Ora, poiché l’Iva non può essere in nessun modo evasa dal consumatore finale, soprattutto da quelli a reddito fisso che, anzi, sono ancora più gravati dal forte aumento dell’inflazione (è del tutto evidente che se il prezzo del pane è aumentato del 30%, il consumatore ha versato al panettiere anche la maggiore Iva calcolata su questo rincaro). La conseguenza è che, anziché sostenere i redditi fissi, ed in particolare le retribuzioni e le pensioni, il governo delle destre le sta riducendo, tutto il contrario di quanto occorrerebbe fare per rilanciare, appunto, i consumi calanti. Un fenomeno unico in Europa, visto che, come ha documentato la Fiom con un suo studio, visto che, a differenza di quanto è avvenuto negli altri Paesi industrializzati, dove le retribuzioni medie riescono a seguire sia l’evoluzione dei prezzi che la produttività, al contrario in Italia fra il 2000 e il 2006 la retribuzione netta media (ovvero depurata dall’inflazione) dei lavoratori dipendenti è cresciuta della miseria dello 0,1% a fronte di un tasso inflativo che nello stesso periodo è stato di oltre il 17%, fra i più alti nel vecchio continente. A ciò si deve essenzialmente il fatto che attualmente le retribuzioni italiane sono in coda, avendo perso di gran lunga il confronto con Paesi come la Finlandia, la Gracia e l’Irlanda dove l’incremento è stato di oltre il 20%, tanto per citare quelli dove i risultati sono stati più positivi. E nella classifica dei salari più ricchi inerenti i Paesi più popolosi d’Europa abbiamo che oggi a godere di più sono i sudditi del Regno Unito (ancor più del Giappone e degli Usa), seguiti dai tedeschi, dai francesi e infine dagli spagnoli che, come è noto, ci hanno raggiunti e fors’anche superati. Come invertire questa tendenza ce lo dice la stessa Fiom. Quasi sempre le imprese italiane per competere sui mercati scelgono di fare leva sul contenimento delle retribuzioni e più in generale del costo del lavoro, anziché puntare ad elevare la qualità dei loro prodotti e se questo meccanismo non verrà modificato nel profondo il nostro ritardo è destinato ad accrescersi, anziché a ridursi. Anche perché le aziende che riescono a stare sul mercato grazie alle loro produzioni innovative non si pongono il problema di affamare i loro dipendenti essendo per loro del tutto marginale la questione retributiva. Infine, lo stesso studio della Fiom, citando il rapporto Istat per il 2007, pubblicato nel maggio scorso, rileva che “Se i salari aumentano in linea con la produttività (con le correzioni necessarie per far crescere l’occupazione) si creano le risorse per investimenti che permettono all’economia di crescere, generando ulteriori aumenti di produttività”. Condividi