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Tirano le esportazioni delle regioni italiane, e tirano ancora di più quelle umbre: parola di Istat! Secondo l’ultima ricerca dell’istituto ufficiale di statistica, infatti, dal gennaio al settembre di quest’anno, il valore delle prime sarebbe lievitale dell’11,5%, mentre per quanto ci riguarda l’incremento avrebbe raggiunto addirittura del 18,7%, vale a dire oltre sette punti al di sopra. Nell’analogo periodo del 2006 il valore delle nostre esportazioni era stato di 2 milioni e 283 mila euro che è cresciuto a 2 milioni e 271 mila nei primi nove mesi dell’anno ancora per poco corrente. Una performance non male, per una regione che in molti ci descrivevano in crisi, tanto più che l’Umbria, con il suo +18,7% figura, fra le regioni dell’Italia Centrale, quella che è cresciuta di più: seguono nell’ordine le Marche (+14,1%), la Toscana (+10,9%) e il Lazio (+9.9,8%). E si deve proprio al nostro exploit (oltre che a quello della Marche), se il comparto geografico del quale facciamo parte ce l’ha fatta a salvare il suo “onore”, visto che con l’11,8% di incremento è riuscito per un pelo a stare al di sopra del +11,5% nazionale. E non ce la caviamo male neppure nel confronto complessivo con le altre regioni italiane, visto che rispetto a noi hanno saputo fare meglio solo la Valle d’Aosta, con uno stratosferico +66.9%, la Calabria (+46%), la Sicilia (+25%) e la Basilicata (+21,6%). Le tre ultima guidano la riscorra del Mezzogiorno e della Isole dove si sono registrati i maggiori tassi di crescita, rispettivamente del +13,2% e del +18,1%. Distanti, invece, l’Italia nord-occidentale (+10,6%) e l’Italia nord-orientale (+11,5%). Quanto ai settori dell’economia umbra che hanno trovato maggiore soddisfazione nei mercati esteri, l’Istat segnala il comparto metalmeccanico, in particolare nei metalli e prodotti in metallo, macchine e apparecchi meccanici, apparecchi elettrici e di precisione, oltre che nei prodotti chimici e nel tessile e abbigliamento. Dal che si deduce che buoni affari sono stati realizzati dalle acciaierie ternane, ma non solo, e che la moda umbra continua ad essere apprezzata nel mondo. Tutto bene, dunque? Non proprio. Il tallone d’Achille di questo “miracolo umbro” sta nel risvolto non altrettanto positivo che dobbiamo purtroppo registrare riguardo alle retribuzioni. Quelle umbre hanno continuato a perdere valore, come più in generale quelle italiane: le buste paga si sono come prosciugate e con quanto arriva nelle loro tasche i nostri operai, che i sindacati giurano percepiscono retribuzioni mediamente più basse di un buon 10% rispetto alla media nazionale, adesso riescono a comprare assai meno beni e servizi rispetto ad un tempo non lontano. I nostri imprenditori fanno dunque buoni affari, ed è anche probabile che da ciò ricavino anche maggiori benefici per loro (utili, per intenderci meglio). Allora vuol dire che la maggiore ricchezza prodotta non si è ridistribuita equamente fra chi possiede i mezzi di produzione e chi contribuisce al ciclo lavorativo prestando la sua opera: in altre parole, c’è il caso che quello che abbiamo chiamato un “miracolo”, tale non sia, basandosi prevalentemente su un maggiore sfruttamento della manodopera. Come abbiamo visto tira assai la metalmeccanica umbra, ma i lavoratori metalmeccanici umbri, come i loro colleghi di tutta Italia, sono senza contratto dal mese di giugno ed intanto continuano a lasciare le loro vite in fabbrica. Condividi