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di Gaetano Veninata PERUGIA – L’educazione alla legalità è uno dei temi centrali nella discussione pubblica del nostro paese. E’ stato anche l’argomento al centro di un dibattito svoltosi al 100dieci cafè, in occasione del Forum europeo per il diritto allo studio. “Vincere il male con il bene”: questo slogan di Don Ciotti, il fondatore di Libera, citato da Matteo Pepe, membro perugino dell’associazione contro le mafie, riassume la sostanza, un po’ utopica, certamente trasparente, dell’incontro organizzato dall’Udu. Presente anche il professor Marco Angelini, docente dell’ateneo umbro, titolare della cattedra dell’unico corso di laurea italiano in “Legislazione antimafia”. “Bisogna riuscire a prendere contatti con tutte quelle persone, istituzioni, enti, singoli cittadini, che con il loro esempio civico valgono più di mille lezioni”, ha sottolineato Angelini. Suona retorico l’invito dei partecipanti a dare spazio ai giovani, quando, come ha ricordato Federica Musetta, coordinatrice nazionale Udu, “ lo stesso mondo accademico, che dovrebbe formare quegli stessi giovani ai quali si chiede di essere partecipi, è spesso crocevia di illegalità, non sempre collegabili alla criminalità organizzata, ma pur sempre sintomi di qualcosa di marcio”. “Vivere l’università, insomma, non sempre vuol dire vivere la legalità”. Libera e Udu cooperano da tempo nel campo del contrasto culturale all’illegalità, che molto spesso è un fenomeno d’ignoranza del diritto (e dei diritti). L’esempio non può che partire dal basso, dal lavoro volontario che dalla Sicilia, con i ragazzi coraggiosi di AddioPizzo (“Un popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità”, ha ricordato Pepe citando l’esperienza palermitana) o i ragazzi di Locri – che i presenti hanno colpevolmente dimenticato di citare. Ammazzateci tutti, dunque. Ma l’esperienza della società civile e di organizzazioni come Libera precipita spesso, se non supportata dall’alto, dalle istituzioni, in mera testimonianza. Non basta avere la coscienza pulita per liberarsi dalle mafie, da tutte le mafie. Perché “prima di combattere la mafia fuori bisogna combatterla dentro noi stessi”; queste parola,di una collaboratrice di giustizia ai tempi di Borsellino (suicidatasi dopo l’uccisione di Paolo) rende meglio di ogni immagine sbiadita di purezza civile. Uscendo dal 110 si aveva la sensazione di respirarla, questa mafia di cui parlava la collaboratrice. Una mafia che corrode il pensiero e cristallizza la società in un’idea di falso benessere, in un’atmosfera di completo disinteresse verso tutto ciò che non sia stato gettato dall’alto, da Loro, dai Principi. La politica, che dovrebbe avere un ruolo centrale nel contrasto alla criminalità organizzata, è assente. E non è con il populismo di un Grillo che le mafie si combattono. L’assenza di una Sinistra in grado di contare nella società è un dramma. Ma lo è ancor di più l’indifferenza educativa che ogni mattina professori annoiati inoculano nelle menti dei ragazzi già “drogati” dalla società dei loro padri. Se c’è un punto dal quale la Sinistra che verrà dovrà partire, è l’emergenza (questa sì reale) educativa. La rivoluzione inizia dalle scuole e dalle università; in Italia i centri accademici sono spesso veri e propri centri di potere. Il caso di Bari è solo una goccia nel mare dell’illegalità che soffoca il paese e il contesto educativo. La mafia non è solo appalti, droga o prostituzione: la mafia cresce perché i nostri giovani rimangono bambini. Senza coscienza. Ma l’Italia ha smarrito la coscienza civile, e la Sinistra non è stata in grado di combattere. Il futuro è nero. La Sinistra dovrà accompagnare Libera, le associazioni tutte, sostenerle, scendere in piazza, compromettersi mani e piedi con la loro purezza. Da sole non ce la faranno. La sala del 100dieci era piena a metà, moltissimi i giovani. “Eppure”, ha concluso rivolto alla platea Maurizio Oliviero, presente in qualità di commissario dell’Adisu Umbria, “voi non siete la generalità degli studenti”. Una triste verità, una difficile battaglia. Condividi