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PERUGIA – “Il lungo e complesso percorso di attuazione della legge regionale 30 sui servizi educativi per la prima infanzia vede in dirittura d’arrivo la fase delle autorizzazioni da parte dei Comuni: nel frattempo la Regione Umbria ha costruito gli strumenti di valutazione per l’accreditamento e sta procedendo a ripartire le risorse destinate sia al pubblico che al privato derivanti sia da un consistente aumento di disponibilità del bilancio regionale (un milione di euro in più, già dal 2007), sia dal Ministero della Famiglia del governo in uscita”. L’assessore regionale all’Istruzione Maria Prodi ricostruisce gli ultimi passaggi del percorso. “Il piano triennale di attuazione della legge, che fissa le prospettive di evoluzione del sistema per i prossimi anni – spiega - è in corso di approvazione da parte della commissione consiliare del Consiglio regionale presieduta dal consigliere Ronca che ha promosso nei giorni scorsi una audizione pubblica. Nel corso del dibattito, caratterizzato da toni spesso molto forti – sottolinea l’assessore - si è riproposta una discussione che già caratterizzò l’approvazione della legge: da una parte la difesa di una tradizione pubblica di asili nido caratterizzati da ampie garanzie per il personale e standard molto esigenti e poca variabilità nella tipologia di servizi offerti e di flessibilità degli orari. Dall’altra parte la pressione allora solo implicita e oggi invece favorita dalla emersione e ufficializzazione delle strutture private che in questi anni si sono rafforzate sia quantitativamente che qualitativamente. E dietro le strutture c’è una forte pressione sociale mossa dal bisogno di risposte concrete per i bambini e le loro famiglie”. “Quando si discuteva animatamente la legge – prosegue - l’Assessorato regionale ha cercato di portare l’attenzione non solo sulle garanzie da offrire a quel bambino su dieci che poteva fruire dei servizi pubblici, ma anche su quei nove che ne erano esclusi. Una mamma – riferisce l’assessore Prodi - ha portato la sua testimonianza di piccola imprenditrice nel settore della ceramica: un figlio piccolo nel capannone al freddo, per necessità, fino all’iscrizione al nido privato che fa un orario che le permette di lavorare, mentre il nido pubblico chiude troppo presto. Un esempio fra molti: ecco perché in questi anni abbiamo cercato assieme, a volte con qualche polemica di troppo, ma con la voglia comune di andare incontro ai bisogni delle persone, di quadrare il cerchio ampliando l’offerta, mantenendo però al centro la qualità educativa per i nostri bambini”. Sottolinea l’assessore regionale all’Istruzione Maria Prodi: “Ai privati e anche ai Comuni, la Giunta regionale ha proposto da tempo, appena concluso il varo del piano triennale, di riprendere in mano il regolamento e gli standard, e analizzarli ancora per capire, anche in sintonia con le norme adottate dalle altre Regioni, cosa si può cambiare per rendere meno gravoso il costo per le strutture e le famiglie su parametri che non intacchino la qualità, a cominciare dal parametro dei metri quadri per bambino”. “Al sindacato – dice ancora l’assessore - la Regione Umbria chiede di farsi carico con noi della fatica di una crescita del sistema che vogliamo fermamente tesa a raggiungere gli standard di Lisbona, ma anche di più se ce la faremo. Per esempio, la meta di una più alta professionalità parte da una situazione di fatto che va accompagnata a un traguardo più alto. Un piano di formazione parte in questi giorni, finanziato della Regione, per operatori pubblici e privati, che assieme lavoreranno a confrontare con esperti la loro esperienza e le loro competenze. Un altro percorso sarà proposto per chi lavora senza il titolo, un accordo con l’Università permetterà il recupero degli studi universitari con appositi riconoscimenti di crediti”. “Le risorse sono limitate e impongono scelte – conclude l’assessore Prodi - Al prossimo Governo si chiede di non abbandonare, ma anzi rafforzare l’impegno del piano per gli asili nido del precedente governo. Altri Paesi europei hanno messo risorse molto ingenti per l’infanzia. È ora di smetterla di parlare di famiglia e lasciare i genitori da soli di fronte all’impegno dei figli piccoli; è ora di capire che se il lavoro delle donne è fondamentale per l’economia del Paese, investire sulle politiche di conciliazione famiglia-lavoro e per l’infanzia è strategico, oltre che giusto”. Condividi