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Furio F.Benigni Ex sindaco di Pietralunga Sto seguendo con attenzione il dibattito accesosi intorno al Regolamento edilizio n°9 del 2008 ed in particolare alla possibilità di riutilizzo dei casolari abbandonati, moltissimi dei quali insistono sui territori marginali della nostra regione. E’ indiscutibile la necessità di rivedere il Regolamento in parola avendo sempre come obiettivo la salvaguardia del patrimonio architettonico e ambientale, ma eliminando tutti i passaggi che puzzano di perniciosa burocrazia. In questo dibattito è sfuggito un particolare di non secondaria importanza: un notevole numero di casolari abbandonati, che costituivano il tessuto rurale della nostra regione, sono di proprietà del Demanio Regionale. Ad esempio nel territorio compreso tra i comuni di Città di Castello, Pietralunga e Montone ve ne sono 160! Un valore di non poco conto, tanto che la Regione, negli anni scorsi, attraverso l’azione dell’allora Comunità Montana Alto Tevere Umbro e dell’Agenzia Regionale R § S, ha venduto 16 di questi casolari alcuni dei quali in stato di fatiscenza. La vendita è stata preceduta da una martellante azione dei Comuni interessati al fine di sollecitare l’alienazione dei casolari stessi con l’obiettivo di rivitalizzare le zone abbandonate coniugandolo ad una sana ed economica attività edilizia. Purtroppo nonostante l’esistenza di ruderi “effettivi”, tutti risultanti nelle mappe catastali, gli acquirenti si sono visti respingere la richiesta di concessione edilizia da parte dei Comuni. Alle giuste rimostranze è stato risposto che così dispone il Regolamento edilizio n°9 /2008 sul presupposto che non sarebbe possibile stabilire la cubatura in quanto a conoscenza del solo perimetro dell’edificio. La motivazione non regge, essendo noto che le abitazioni delle nostre campagne erano realizzate, quasi tutte, su un piano terra per le stalle, un primo piano per la vita giornaliera e le camere degli anziani , un secondo piano a “mansarda” per le camere dei giovani e i locali granaio, salata, dispensa, quindi una cubatura contenuta e finalizzata all’effettivo utilizzo della famiglia o delle famiglie. Impedire la ricostruzione, in particolare nelle zone alto collinari e montane, anche di quello che esisteva e che certo non deturpava il paesaggio, significa condannare all’abbandono definitivo di queste zone, senza nessuna comprensibile giustificazione, dopo avere – giustamente - impedito la realizzazione di costruzioni ex novo. In questo quadro, apprendo, con soddisfazione, della proposta del consigliere regionale Chiacchieroni di effettuare un censimento degli immobili da riqualificare nell’ambito di una più vasta azione di armonizzazione urbanistica. Condividi