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LA MANOVRA SUL PUBBLICO IMPIEGO La manovra attacca frontalmente il Pubblico Impiego. Lo fa cercando di contrapporre i lavoratori privati a quelli pubblici. E’ tanto più necessario dunque comprendere che in realtà questo attacco per un verso è un attacco alla contrattazione in quanto tale e perciò a tutti i lavoratori ed è inoltre, unito ai tagli a Regioni ed Enti Locali, un attacco al welfare, cioè ai diritti di tutti i cittadini che vengono erogati dai servizi pubblici. Il nuovo attacco alla contrattazione. Stipendi da fame La manovra stabilisce che non ci sarà rinnovo contrattuale per il triennio 2010-2012. Che i rinnovi contrattuali per il biennio 2008-2009 non potranno determinare aumenti retributivi superiori al 3,2% e che questo si applica retroattivamente anche ai contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della manovra, rendendo nullo quanto diversamente pattuito. Che in ogni caso il trattamento economico di ogni singolo dipendente (!) per gli anni 2011-2012-2013, compresa la contrattazione accessoria, non può superare quello dell’anno 2010. La stima dei “risparmi” del mancato rinnovo fatta da parte del governo è pari a 6,5 miliardi nel triennio, per tutto il comparto del pubblico impiego, scuola compresa. Altre stime del costo del rinnovo del contratto, sempre secondo l’accordo separato, sono di 8,5 miliardi. Da un punto di vista economico, questo significa un attacco gravissimo alla condizione di vita dei lavoratori pubblici, che diversamente da quanto afferma il governo hanno già pagato un conto salatissimo. Lo stipendio medio di un dipendente pubblico è di 1200 euro al mese, ne è vero che i redditi dei dipendenti pubblici contrattualizzati siano cresciuti più degli altri. Con il blocco degli aumenti contrattuali, per fare un’esempio, un infermiere perderà al 2012 circa 3000 euro cumulati. Da un punto di vista contrattuale, si blocca il rinnovo della contrattazione nazionale, di quella integrativa, si disdetta quanto già contrattato. Non è solo grave in sé, è un precedente che potrà essere usato anche nei settori privati, ovviamente in nome dell’emergenza. Ed è gravissimo il riferimento alla condizione individuale che isola ogni singolo lavoratore. Il blocco del turn-over e il licenziamento dei precari. Un attacco al lavoro e al welfare Viene reiterato il blocco del turn over con la possibilità di assumere solo una persona ogni cinque uscite. Il che significa circa 90.000 nuove assunzioni in meno l’anno, fino al 2014. Si dimezzano le risorse per i contratti a tempo determinato, i co.co.co., i lavoratori interinali ecc. Secondo la Ragioneria Generale, questi lavoratori nel 2008 sarebbero stati circa 210.000. Più di 100.000 precari quindi saranno mandati a spasso. Tutto questo avrà effetti pesantissimi non solo su chi subirà direttamente questi provvedimenti ma su tutti i cittadini, diminuendo la capacità di dare risposte ai bisogni sociali. Il taglio ai Ministeri Il taglio indiscriminato del 10% alla spesa dei Ministeri, che peserà complessivamente per 3,5 miliardi, concorrerà alla riduzione dei servizi per i cittadini. Questo provvedimento non va confuso con la riduzione di spese ingiustificabili, come quelle sulle auto blu, tagliate decisamente troppo poco a fronte dello scandalo di un parco auto di 629.120 unità, quasi 10 volte quello degli Stati Uniti. Scuola e ricerca. Attacco al futuro Per quel che riguarda la scuola i nuovi provvedimenti si aggiungono a quanto previsto nella 133 che ha ridotto i finanziamenti complessivi per 8 miliardi nella scuola e 1,5 miliardi all’Università. Ricordiamo che già prima dei tagli della 133 la spessa complessiva dell’Italia per l’istruzione era in rapporto al Pil 2 punti percentuali inferiore alla media europea. Già a causa di quella manovra, 25.000 persone hanno perso il posto di lavoro nel 2009 secondo i dati dello stesso governo (18.000 docenti e 7.000 ATA) e 40.000 lo perderanno nel 2010 (25.000 docenti e 14.000 ATA). I posti di lavoro persi al 2011 saranno complessivamente 150.000. In aggiunta al mancato rinnovo del contratto, la manovra prevede per il prossimo triennio, anche il blocco degli scatti maturati. La stima di perdita salariale media annua è di 2800 euro. Tutto questo si ripercuote ovviamente in una conseguente riduzione della pensione, particolarmente grave per chi sta totalmente nel sistema contributivo. La perdita, tra stipendio e pensione, stimabile per chi entra oggi in servizio è di 95.000 mila euro complessivi. I dipendenti della scuola saranno anche penalizzati dal passaggio dalla buonuscita al Tfr a partire dal 2011. A questo si aggiungono il taglio di 55 milioni annui per le spese di funzionamento ordinario, il taglio del 50% delle risorse per la formazione del personale; il 10% di tagli delle spese per le spese intermedie (cancelleria ecc.). Il taglio del 50% dei finanziamenti statali a tutti gli enti pubblici peserà anche sulla ricerca con conseguenze sul personale al momento difficilmente quantificabili, ma sicuramente pesanti, in particolare per i precari. Anche il taglio lineare del 10% ai bilanci di tutti i ministeri peserà sulla voce "ricerca", diminuendo i trasferimenti agli Enti. La soppressione di diversi enti di ricerca in molti casi si configura come un attacco all'autonomia della ricerca in settori delicati. Inoltre, per centinaia di precari che non saranno riassorbiti negli organici delle amministrazioni alle quali sono demandate le funzioni degli enti soppressi, scatterà il licenziamento automatico. Stessa sorte per migliaia di ricercatori precari, tanto nelle università che negli enti di ricerca, per effetto del blocco del turnover e delle pesanti limitazioni imposte dal decreto alla spesa per il personale. Complessivamente si perderebbero almeno 30.000 posti. Si dimezzano anche le spese per missioni internazionali, compromettendo la partecipazione dei nostri ricercatori a progetti internazionali. Diritto alla salute sempre meno garantito Gli effetti della manovra si abbattono anche sulla sanità pubblica. In due anni il budget si riduce di oltre 2 miliardi di euro: 1 miliardo nel 2011, di cui 418 milioni di contenimento della spesa del personale e 600 milioni per i farmaci; 1 miliardo e 132 milioni nel 2012, di cui sempre 600 milioni per i farmaci. Il blocco del turn over e il dimezzamento dei precari colpiscono anche il sistema sanitario. Si potrà sostituire solo un medico ogni cinque che vanno in pensione, causando la diminuzione di circa 12.000 unità in due anni e il conseguente riduzione del 10% delle prestazioni mediche erogate ai cittadini. La riduzione di personale sarà di 156.000 addetti nel triennio, 20.000 i precari licenziati. Questo comporterà la messa in discussione del diritto alla salute dei cittadini. La manovra interviene sulle regioni in regime di commissariamento per il debito, che nel caso di non rispetto del piano di rientro (con tasse al massimo e ticket generalizzati) vedranno il rischio di un sostanziale blocco dei trasferimenti. Sul fronte della spesa farmaceutica rischia di essere estremamente penalizzante per i cittadini il fatto che, se il medico generico prescrive un farmaco in regime di brevetto, la differenza di prezzo con il farmaco generico dovrà essere pagata direttamente dal paziente anche se è in regime di esenzione. Va ricordato, inoltre, che il decreto appena emanato, che contiene i su citati provvedimenti, è solo una parte della manovra complessiva che si prospetta con altri provvedimenti legislativi, che colpiranno ulteriormente la sanità pubblica. Tra questi ne ricordiamo tre, gravissimi: il primo è la nuova normativa sulla governance sanitaria con la liberalizzazione dell’intramenia e ulteriori spazi di privatizzazione; il secondo riguarda la declassificazione di interventi oggi eseguiti in day surgery o day hospital, derubricati in prestazioni ambulatoriali e quindi deprivati di assistenza post chirurgica o post specialistica; il terzo stravolge e cancella alcuni interventi sanitari oggi in regime di livelli essenziali di assistenza, togliendo alle Regioni il riconoscimento e la relativa copertura economica, aprendo quindi la via a porre a totale carico del paziente i costi di questi interventi. E’ sempre più evidente che il governo Berlusconi lavori ad un taglio generale in sanità che lo stesso ministro Fazio indicava in circa 10 – 11 miliardi nel biennio. L’insieme di misure rientra pienamente nel disegno del governo di smantellare lo stato sociale per proseguire il percorso di sviluppo del “pilastro” privato nei servizi sanitari, sociosanitari e sociali. Condividi