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di Daniele Cibruscola PERUGIA - "E' finita la fase del mettere in moto un processo di pace, piuttosto è iniziato il tempo di farlo". Queste le parole di Moreno Caporalini - consigliere per gli affari internazionali della Giunta Regionale - ieri pomeriggio, all'incontro pubblico promosso dalla delegazione dell'Olp in occasione della giornata dedicata dall'ONU (il 29 novembre) alla solidarietà e per i diritti del popolo Palestinese. Un convegno che ha visto presenti anche Stefano Vinti (Rifondazione Comunista ), Fabio Faina (Comunisti Itlaiani) e il professore dell'Università di Perugia Maurizio Oliviero (da sempre impegnato nel sostegno della causa Palestinese). Ciò che è emersa, è stata innanzitutto la grande dedizione (e non è certo una novità) che Regione, Provincie, e Comuni dell'Umbria hanno sempre mostrato per trovare una soluzione al problema palestinese. Un problema che ha origini lontane e che attende di essere risolto da più di 60 anni. Ciò di cui si è discusso, è stata l'importanza di una diplomazia dal basso: fatta di interscambio tra le piccole realtà (gli stessi Comuni-Province-Regioni, ma anche i singoli cittadini) di Paesi "distanti", prima che dalle luci dei congressi internazionali. "E' triste notare - ha detto Stefano Vinti - come in Italia non solo la sinistra, ma anche la causa palestinese sembri essere passata di moda. Nel mondo del capitalismo nord-americano imperante, per i "deboli" non c'è cittadinanza". E il consigliere regionale del Prc si è spiegato anche coi numeri: il 27% dei palestinesi non ha un lavoro. Il 31% verte in condizioni di povertà e disagio sociale. Negli ultimi 7 anni il reddito procapite è sceso del 23%, gli indici dei prezzi al consumo sono saliti di oltre il 23%. Dati, che tradotti in vite umane spesso significano "morte". Dati, che si vanno ad aggiungere a quelli "tipici" di un paese che ha conosciuto intifade, guerre, rastrellamenti e umiliazioni di ogni genere; di un paese, che da ben tre generazioni non conosce che guerra. L'Umbria ha fatto molto finora, e nel prossimo futuro farà ancora di più, hanno affermato i due consiglieri presenti. Ma "E' ora che anche l'Europa faccia qualcosa - asserisce convinto il prof. Oliviero - che smetta di delegare ad altri ciò che è suo compito fare. (...) Ciò che va invertito, è il processo in cui si sono espletati finora i rapporti di cooperazione - di tutti i Paesi - con la Palestina". Il processo cioè, per cui i "pacifisti professionisti" dicono ad un popolo ciò di cui ha bisogno per poi fornirglielo a determinate (e univoche) condizioni. Di certo non sarà questo incontro a cambiare le sorti della Palestina. E non lo sarà nemmeno la giornata istituita dall'ONU a memoria dei diritti del suo popolo. Ciò che farà la differenza, sarà piuttosto la concreta volontà dei civili e delle istituzioni (locali, nazionali, sovranazionali) di Palestinesi, Israeliani, Europei e Americani. Ed anche in relazione ai problemi degli altri Paesi dell'area medio-orientale, l'augurio per il prossimo futuro (è anche quello con cui si è chiuso l'incontro) è emblematico e condivisibile: "In Palestina è nata la guerra, e proprio in Palestina DOVREBBE nascere la pace". Condividi