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Insicurezza psicologica, progressiva, stress eccessivo al quale possono fare seguito gastriti, disturbi cardio-circolatori, problemi nervosi: sono queste le conseguenze più comuni per i tanti, sempre più, che il mercato del lavoro condanna al precariato. Il regalo dei contratti a progetto, dei lavori in affitto e delle tante altre innumerevoli forme di sfruttamento che ingenerano insicurezza, mancanza di strumenti di protezione, privazione delle tutele ed una maggiore probabilità di infortuni. La diagnosi è seria: a dirci che il lavoro precario fa male al nostro fisico è l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro che ha documentato tutto questo con una ricerca pubblicata di recente. Temporaneo o a progetto, prestazione d'opera, finto lavoro "in proprio", e outsourcing che sia: da queste nuove forme di contratto derivano altrettanti nuovi rischi per la salute dei lavoratori. C'è bisogno, perciò, di prevenzione e di cura. Quanto prima. Per giungere a queste conclusioni l'Agenzia ha interpellato esperti di vari paesi(Europa e Stati Uniti) e professionisti dell'Ilo (l'agenzia dell'Onu per il lavoro), ai quali ha chiesto di valutare la presenza, o meno, dei nuovi rischi derivanti dalle recenti forme di organizzazione del lavoro atipiche. Dalle risposte sono emersi diversi elementi critici: ai precari vengono spesso assegnate le occupazioni più rischiose, svolte in condizioni di lavoro inadeguate e per di più solo di rado ricevono una formazione adeguata a farvi fronte. Inoltre, la sequenza spesso convulsa e scostante di contratti a breve termine accresce in loro la sensazione di insicurezza e di marginalità, generando incremento di stress e preoccupazione, con rischi per la salute assai gravi. Le interruzioni tra un contratto e l'altro rappresentano infatti una discontinuità della responsabilità legale del datore di lavoro. E questo, secondo gli esperti, finisce per essere ulteriore elemento di malessere. Quindi, al confronto con chi è impiegato in un lavoro stabile, i precari risultano maggiormente vulnerabili, assai più deboli. E non solo per ciò che riguarda la esiguità di contributi, indennità, stipendi. "La lettura data - dichiarano i ricercatori dell'agenzia - è ampiamente supportata dalla letteratura scientifica in materia che dimostra come le caratteristiche di queste nuove forme di lavoro non tradizionali portino a rischi peculiari per la salute". Un altro aspetto riguarda i carichi di lavoro: le statistiche europee ci dicono che oltre metà degli occupati dichiara di lavorare ad alte velocità ed in condizione di forte pressione per tre quarti del tempo, secondo un trend che pare essere in aumento. A tale proposito lo studio sottolinea anche la frequente esclusione dei lavoratori precari dai tavoli sindacali su salute e sicurezza, come pure il minore accesso (spesso del tutto assente) ad attrezzature e strumenti di protezione. I risultati di tale sistema si traducono in condizioni fisiche di lavoro peggiori, di insicurezza psicologica e di stress eccessivo, in un maggior carico d'impiego, incidenti più frequenti. "Si va rafforzando una sorta di mal di vivere perché l'incertezza del lavoro e la precarietà continua finiscono per far morire la speranza nel futuro - sostiene Filomena Trizio, segretaria generale di Nidil-Cgil - le nuove generazioni sono circondate da questo tipo di contesto lavorativo e senza dubbio sono più esposte al malessere. Altro che bamboccioni, la condizione di disagio in cui si trovano i giovani è frutto di scelte politiche e sociali precise. E su queste si deve intervenire". Ma, oltre a ravvisare un legame tra i nuovi pericoli per i lavoratori (soprattutto lo stress e le conseguenti malattie psicosomatiche) e i nuovi equilibri economici e organizzativi, nella ricerca è stato riscontrato anche un collegamento tra la maggiore competitività sul luogo di lavoro e gli episodi di bullismo e molestie; infine la sottolineatura di un altro aspetto: la connessione tra lo scarso equilibrio della vita professionale e quello della vita privata e famigliare. Situazioni che fanno del lavoratore precario un soggetto a rischio e concorrono ad aumentare i danni alla salute derivanti dalla loro attività. Sintomi che spingono gli operatori del settore, come l'Agenzia europea, a ribadire la necessità di trovare presto vaccini e terapie capaci di curarli: un maggiore controllo degli ambienti di lavoro e un incremento reale di garanzie e tutele in primo luogo. Ma indubbiamente più efficaci ancora sarebbero nuove, differenti politiche per un lavoro diverso, stabile e sicuro. Condividi