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Perugia - Questa mattina in aula sul banco dei testimoni c’era la polizia di Perugia. L’ispettore Giacinto Domenico Profazio, ex capo squadra mobile di Perugia, l’ispettore Marco Chiacchiera, dirigente della squadra mobile e il sostituto commissario Monica Napoleoni, responsabile sezioni omicidi, il cui esame proseguirà domani, hanno reso le loro testimonianze nella lunga udienza odierna del processo per la morte della studentessa inglese Meredith Kercher. Al centro del dibattimento il gancetto del reggiseno di Metz, quello stesso rinvenuto nella camera della ragazza, e l’attività dei due cellulari di Amanda Knox e Raffaele Sollecito la notte del delitto. Il gancetto, su cui sono state ritrovate tracce del Dna di Raffale Sollecito, venne repertato durante l’intervento della scientifica di Roma, dal 2 al 5 novembre 2007 hanno dichiarato gli ispettori. Profazio, conferma la sua presenza tra gli oggetti repertati durante il sopralluogo del 6 novembre, giorno in cui la casa di via della Pergola venne messa sotto sequestro. Solo che la scientifica di Roma, dopo il sopralluogo, si portò via la “lettera” alfabetica usata per contrassegnare il reperto, ha spiegato l’ispettore. Il sequestro del gancetto avvenne tuttavia solo il 18 dicembre. Per la difesa di Sollecito ne deriva l'inevitabile contaminazione durante i vari sopralluoghi effettuati nella casa. Tesi contestata dall’ispettore Napoleoni, che ha dato da intendere che nessuna contaminazione avrebbe potuto portare il materiale genetico di Raffele sul gancetto in questione. Altro punto fondamentale l’inattività, quasi sincrona, dei due cellulari degli imputati la notte del delitto iniziata alle 20,30 del primo novembre e durata tutta la notte. E’ quanto attestano i tabulati, dai quali secondo l’esito degli accertamenti condotti dall’ispettore Chiacchiera, emerge un ulteriore dato: i due cellulari in quel lungo lasso di tempo erano spenti. Tale riscontro, ha spiegato l’ispettore, è stato possibile grazie ad un’analisi comparata condotta su mesi di attività telefonica. Raffaele, inoltre, non avrebbe ricevuto nessuna telefonata alle ore 23,00, contrariamente a quanto da lui stesso affermato, né tanto sarebbe stato rilevato traffico sul pc. In aula questa mattina anche il sasso che sfondò il vetro della finestra della camera di Filumena Romanelli, coinquilina di Metz e Amanda. Il lancio della pietra, di notevoli dimensioni, sulla finestra al primo piano per penetrare nella casa è sembrato all’ispettore da subito poco verosimile. A tale scopo ci sarebbero state molteplici altre possibilità più agevoli e sicure per i presunti ladri. L’ipotesi del furto, ha affermato l’ispettore, è risultata da subito poco credibile. Nessun oggetto di valore prelevato, il corpo seminudo della ragazza brutalmente uccisa coperto da una trapunta ma anche l’anomalia della stanza chiusa da una chiave che non è più stata ritrovata. Gli autori, secondo l’ispettore, conoscevano la vittima e comunque non sono entrati dalla finestra. Nei giorni successivi al rinvenimento del cadavere della studentessa vennero più volte ascoltati anche Amanda e Raffale, che cominciavano a mostrare una certa insofferenza, ricorda il commissario Napoleoni. La sera del cinque ascoltati a "sommarie informazioni" i due si contraddissero facendo scattare il fermo. Durante il colloquio di Raffaele, Amanda in sala d'aspetto alle 23,00 faceva la spaccata e la ruota ha riferito il commissario, precisando che i due imputati vennero sempre trattati bene, con un particolare riguardo dovuto alla loro giovane età. Quella notte in nessun momento venne tuttavia offerto loro di rivolgersi ad un avvocato, dato "che si trattava ancora di sommarie informazioni". Condividi