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WASHINGTON - Proprio nei momenti di crisi, un governo deve investire sul "dopo crisi", sul momento nel quale la bufera passerà e si vedrà chi ne è uscito ringiovanito e chi ne è stato stroncato. Questa la filosofia che sembra suggerire al nuovo presidente Usa la strategia che ha adottato per superare il brutto momento che il suo Paese sta attraversando. Anziché la strategia del meno soldi per tutti indicata da governi più miopi, come quello italiano, che tagliano dappertutto e indiscriminatamente (vedi da noi la scuola, ad esempio), l'impegno di Barack Obama è quello di esaminare con cura tutto e di limitarsi a sforbiciare solo le spese realmente superflue, spulciando capitolo per capitolo, cosi da reperire i mezzi che gli occorrono per incrementare gli investimenti laddove sono indispensabili. Sulla ricerca di nuove forme di produzione energetica lontane dal fossile e dal nucleare ad esempio (da notare che a questa prassi, riportata in auge in Italia del premier Berlusconi, non ha fatto il minimo cenno), ed anche sulla razionalizzazione e diffusione della copertura assicurativa sanitaria: ogni 30 secondi un cittadino americano fa bancarotta per i costi medici e 46 milioni di americani sono comunque esclusi del tutto dalle cure. Bisogna poi continuare a garantire la mutua a 7 milioni di lavoratori che, avendo perso l'occupazione, rischiano anch'essi di restare esclusi dal servizio sanitario. Come pure sull'istruzione, intesa sia come infrastruttura materiale, mezzi, mura, edifici, sia come rivalutazione del lavoro, e della retribuzione, degli insegnanti, in base alla regola "ottieni per quello che paghi": ovvero gli insegnanti meglio retribuiti sono anche quelli che rendono meglio. Ce la farà? Glielo auguriamo vivamente, tanto più che per finanziare questi suoi programmi si prefigge di aumentare le tasse a coloro che guadagnano più di 250 mila dollari all'anno (il 5,4% della popolazione). Una bestemmia per i nostri Berlusconi, Tremonti e compagnia cantando, anche se è in questo senso che spingono i sindacati italiani, e la Cgil in particolare, per trovare maggiori risorse da impiegare in soccorso dei lavoratori rimasti senza occupazione e di chi non ce la fa a tirare avanti. Una richiesta che alla luce di ciò che si accinge a fare il leader politico più potente al mondo, appare tutt'altro che un'eresia economica, come le geniali menti che ci governano l'hanno immediatemente bollata. La manovrà economica che Barack Obama si accinge a fare non sarà comunque del tutto indolore, visto che il deficit Usa è volato alle stelle: 1.750 miliardi di dollari nel 2009, il più alto dalla fine della guerra. Il presidente ha assicurato comunque che intende dimezzarlo entro la scadenza del suo primo mandato. Come? Attuando un programma di risparmio colossale per il quale afferma che sono state già previste le prime mosse che porteranno ad un taglio di spese improduttive di quasi 50 miliardi di dollari, grazie alla riduzione di spese burocratiche, di sussidi eccessivi ed eliminando scappatoie fiscali che pesano sul bilancio dello Stato, tutte cose per le quali si è per il momento tenuto sul generico, evitando di fornire dettagli, anche se ha ammesso che in alcuni casi si tratterà di rinunce che in tempi come questi sono comunque necessarie ("Dovremo rinunciare a cose che ci piacciono ma che non ci possiamo permettere", ha spiegato) e si debbono comunque indicare delle priorità. Il disegno di legge di bilancio include inoltre centinaia di miliardi di dollari di introiti da un sistema di scambio di emissioni di gas. Gli introiti dal sistema saranno spalmati su diversi anni a partire dal 2012. Obama vuole aiutare la lotta al cambiamento climatico riducendo le emissioni di gas serra come l'anidride carbonica (CO2) dalle grandi industrie e permettendo loro di commerciare i "diritti a inquinare" (il cosiddetto sistema "taglia e vendi"). E' prevista anche un'estensione oltre il 2010 dello sconto fiscale di 400 dollari all'anno previsto dal piano di stimolo approvato due settimane fa. Condividi