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di Daniele Bovi Sala, come si suol dire, gremita in ogni ordine di posto quella che, al Park Hotel di Ponte San Giovanni, ha accolto il segretario nazionale di Rifondazione comunista Paolo Ferrero e il coordinatore di Izquierda unita Cayo Lara. All’ordine del giorno, le proposte della Sinistra europea contro la crisi del neoliberismo. “La crisi – dice il responsabile del settore esteri del partito Fabio Amato – che vuol socializzare le perdite e privatizzare i profitti. Devono prevalere gli interessi comuni rispetto a quelli dell’oligarchia che si è arricchita”. Cayo Lara “E’ triste – esordisce Lara – vedere come alcune delle culture del Novecento stiano rinunciando a rappresentare la classe lavoratrice per qualche risorsa in più. Credo che sia un tradimento dei nostri principi. Sono qui per testimoniare la nostra solidarietà a Rifondazione e ai lavoratori in questo tempo così difficile. Le nostre organizzazione devono continuare a giocare un ruolo importante nella sinistra europea, cercando di superare il tetto del quattro per centro per mantenere una rappresentanza importante nella sinistra europea”. Cayo Lara ricorda poi la solidarietà data nella lotta contro il franchismo dai comunisti italiani: “Una solidarietà – dice – che deve continuare in questa crisi tremenda del capitalismo, che non significa che sia caduto, diciamo che bisogna dargli una spintarella. Una crisi più profonda di quella del ’29, che investe la nostra civiltà perché investe anche i valori fondamentali dell’essere umano. Questo non è altro che il frutto del modello neoliberista presieduto negli otto anni dell’amministrazione Bush”. Lara passa poi a demolire un mito, quello della crescita spagnola: “La nostra è più grave di quella europea e di quella italiana perché si è basata principalmente sull’edilizia. Si è costruito, da noi, un numero di case maggiore di quello di Francia, Germania e Inghilterra messe insieme. Negli ultimi 6 o 7 anni il prezzo delle abitazioni è aumentato del 250 per cento, con le banche che cominciavano a dare mutui a 30 o 40 anni. Ora questa costruzione è crollata: è come se ogni giorno in Spagna una intera cittadina di 13mila persone perdessero il posto. La Commissione europea stima che nel 2011 la Spagna avrà un tasso di disoccupazione del 17 o 18 per cento”. Altro mito demolito è quello del governo zapaterista: “Qui da voi c’è una certa idea del governo spagnolo. Io ammetto che negli anni ha preso decisioni importanti in campo civile, ma su quello sociale e economico al governo spagnolo sono un po’ tremate le gambe come quando da voi parla il Vaticano. I cinquanta miliardi poi messi in campo sono finiti nelle tasche dei banchieri. Ci impegneremo per una Europa dei poli e non dei mercanti, un’Europa aperta ai migranti. Vogliamo convergere in Europa con tutti coloro che si sentono a sinistra della socialdemocrazia, con un progetto nettamente anticapitalista, per uno sviluppo economico sostenibile ed ecologico. Speriamo perciò di crescere ulteriormente da qui alle elezioni di giugno”. Paolo Ferrero “Il grado di omogeneità tra noi e Sinistra europea è altissimo. Tanto che – scherza Ferrero – quando vi sarete stufati di me potrete chiamare Cayo Lara come segretario di Rifondazione. Siamo dentro una crisi pesante, di cui ancora non abbiamo la percezione esatta della gravità. La vede chi la tocca con mano, come ho visto prima alla Limoni: loro ce l’hanno chiaro. Chi sta fuori no. Non durerà qualche mese e non si risolverà con la bacchetta magica. E’ più profonda di quella del ’29. Il nodo di fondo è che le politiche liberiste degli ultimi 20 o 25 anni hanno detto che bisognava comprimere i costi della produzione per ridurre i costi. Ciò avrebbe dovuto rendere più efficiente il sistema. Pensioni e salari però si sono ridotte, con le imprese che non hanno mercati dove vendere e lavoratori che non si possono permettere quello che producono. Questo è il punto dove siamo arrivati. Dalla crisi non si esce se non si fa una distribuzione del reddito radicalmente diversa, tagliando profitti e redditi aumentando i salari. Non se ne esce di certo con invenzioni da peracottaro. Le classi dominanti non rinunceranno a quello che hanno arraffato tanto facilmente. Nel piano presentato oggi dal Pd non c’è niente sulla distribuzione del reddito e sull’intervento pubblico in economia. A questo va aggiunta la crisi della politica, con la scarsa credibilità dei partiti, dalla quale non siamo fuori neanche noi. La destra in questo quadro ha una linea chiara: quella di Berlusconi tende a costruire la guerra tra poveri, facendo fuori quelli diversi da noi. Poi si vuole instaurare una sorta di presidenzialismo dove chi decide non deve più mediare con nessuno: stiamo attenti perché queste idee nel paese hanno un certo consenso. Questa non è una destra tardofascita, ma rivoluzionaria in un certo senso, che si presenta con una forte carica di innovazione antidemocratica. Questa destra inoltre, ha un grande vantaggio: è senza opposizione. Veltroni fa opposizione a corrente alternata. Se difende la costituzione con la manifestazione di Roma, due settimane prima si era accordato per mettere lo sbarramento al quattro per cento. Prendiamo poi il caso di ieri con il grande corteo di Roma: il Pd nopn c’era. Erano presenti dei deputati certo, ma non era lì il partito in quanto tale. Ora, io credo che un partito sia tale se ha un progetto efficace per ricostruire il paese. Per fortuna che c’è la Cgil che si è messa di traverso al progetto di paese voluto dalle destre, che ci aiuta a ricostruire un’opposizione seria. Dobbiamo costruire esperienze di conflitto su tutti i fronti. Prendiamo l’esempio della Limoni: bisogna stare lì dentro e far diventare quella crisi un fatto emblematico. Bisogna far passare questo messaggio: chi rimarrà fuori non rimarrà da solo. Bisogna tornare a fare quelle cose che negli anni Settanta erano la normalità., come andare sotto le sedi delle banche che controllano quelle aziende e fare casino. Bisogna dimostrare che siamo determinati. Noi ci percepiamo come quelli che hanno resistito: togliamo di mezzo questa idea. Noi non dobbiamo fare la traversata del deserto: noi siamo in mezzo alla crisi e bisogna stare svegli. Il nostro ruolo politico non è quello della testimonianza: abbiamo le carte in regola per dire che le cose non andavano bene, noi lo abbiamo detto da tempo. Siamo usciti da una guerra di posizione – per citare Gramsci – per andare verso una guerra di movimento. Quando al congresso ci siamo detti che bisognava svoltare in basso a sinistra, non significava solo che bisogna essere autonomi dal Pd, ma che è un partito che all’interno della crisi sa far valere le idee. Bisogna far bene i comunisti, non esserlo e basta. Il primo punto fondamentale è che dove c’è la crisi ci dobbiamo essere anche noi, senza promettere nulla ma costruendo e organizzando i conflitti”. EUROPEE Siamo pieni di gente che ci prope piani politici che hanno come effetto la rottura di Rifondazione. Dopo la scoppola di aprile tutta questa roba qui ha perso di senso, ora è arrivato il momento di ricostruire il progetto di Rifondazione. Noi siamo comunisti che lavorano per costruire una sinistra ampia che sappia giudicare anche gli errori del passato. Per le europee questo vuol dire fare una lista unitaria più ampia possibile facendo eleggere persone che vadano però nel gruppo della sinistra. In Europa infatti l’80 per cento delle direttive viene votato da una coalizione (Pse e Ppe) che unisce quello che in Italia è diviso. La furbizia è quella di dire: facciamo una lista di sinistra, e poi chi è eletto decide in che gruppo va. A questo diciamo no, noi dobbiamo eleggere chi andrà nella sinistra europea. Io di fare una lista dove poi ci saranno delle persone elette che voteranno le proposte a cui noi siamo contrari, non ci penso proprio. La proposta che ho avanzato io ci vedrà, quasi sicuramente, insieme al Pdci: ma questa non dovrà essere una semplice sommatoria. Non sarà un semplice accordo tra i due partiti: bisogna coinvolgere al suo interno i movimenti. Io poi ho detto che il punto di partenza è quello di Rifondazione, non perché sono imperialista, ma perché i simboli non si inventano a tre mesi dalle elezioni. Non voglio annettere nessuno. Bisogna lavorare nelle prossime settimane per questo scopo e per superare lo sbarramento. Perché l’unica battaglia che si perde è quella che non si combatte” Condividi