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PERUGIA – “In assenza dei finanziamenti europei, la partita del tabacco si gioca sull’ammodernamento dei forni e quindi sulla qualità del prodotto. La Regione dell’Umbria ha giocato una grande partita su questo settore, ma purtroppo l’ha persa. La Comunità europea ha deciso di intervenire sulle quote latte che, insieme al tabacco sono state le due questioni poste sul tavolo dal Governo italiano”. E’ quanto ha detto l’assessore alle Politiche agricole, Carlo Liviantoni rispondendo, in Seconda Commissione, a una interrogazione del capogruppo dello Sdi-Uniti nell’Ulivo, Ada Girolamini nella quale chiedeva alla Giunta di mettere in atto, a livello regionale, “tutti gli strumenti normativi e finanziari per garantire il mantenimento della coltura del tabacco in Umbria e di tutti i posti di lavoro che tale coltura garantisce nelle diverse fasi della filiera”. “In Umbria – ha sottolineato Girolamini nella sua interrogazione – la coltura del tabacco rappresenta il 24 per cento della produzione nazionale e storicamente una parte fondamentale dell’economia e della coesione sociale dell’Alto Tevere. Il settore interessa 8 mila lavoratori, la più importante fonte occupazionale regionale”. Liviantoni ha ricordato che “è stata proprio l’Umbria, per prima, a sollevare l’importanza della riapertura del negoziato tra la Comunità europea e Stato italiano e lo chiedemmo all’allora ministro De Castro (Governo Prodi), proprio a Città di Castello. Il negoziato del 2004 prevedeva il disaccoppiamento del 60 per cento. La nostra richiesta era che tutto potesse durare fino al 2010. Il nostro intento era quello di operare sulla razionalizzazione del sistema tabacchicolo umbro, cercando di limare le numerose incrostazioni presenti nel sistema (consorzi, cooperative, organizzazioni varie) che in un periodo di vacche grasse poteva anche essere sopportato, ma nel momento dell’interruzione delle premialità alla produzione non sarebbe più stato sostenibile. Abbiamo lavorato per costruire in Umbria un polo tabacchicolo unitario volto ad allentare i pesi e i costi che nel tempo si erano consolidati. Siamo riusciti a convincere il Governo che quella era la strada giusta. In questo modo l’Umbria poteva presentarsi in condizioni di forza anche in assenza dei premi al settore. Insieme ad altre Regioni, in particolare con Veneto e Campania, abbiamo avvertito il Governo della necessità di un impegno a rinegoziare fino al 2013 gli aiuti al settore. Questo tempo avrebbe consentito al settore una seria razionalizzazione, necessaria per il suo risanamento. Nel frattempo, la Regione, ha lavorato anche all’ammodernamento delle strutture. Bandi specifici sono stati creati per importanti interventi tecnologici sui forni e quindi per una maggiore qualità e sicurezza del prodotto. Oggi, purtroppo, la partita si è chiusa a favore delle quote latte. Attualmente, a disposizione ci sono le risorse inserite nel Piano di sviluppo rurale, di cui una parte è riservata per le imprese e per gli investimenti. Prevede un cofinanziamento dell’impresa per il 60 per cento. Ad oggi, in Umbria, non esiste un settore che possa sostituire quello del tabacco, sia per il reddito prodotto, sia per le azioni e la ricchezza indotta dall’attività agricola. Non esiste alcuna trasformazione che possa equiparare ciò. Non ci resta, quindi, che chiedere al Governo Berlusconi quali azioni intende mettere in campo e quali e quante risorse metterà a disposizione del settore”. Condividi