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di Silvana Sonno* Dice il Cavaliere che non si possono mettere in campo tanti soldati quante sono le belle donne in Italia. E questo lo dice commentando gli ultimi stupri e le proposte governative per “mettere in sicurezza” le donne italiane. La frase può anche suonare in questo modo: se non ci fossero tante belle donne non ci sarebbe bisogno di tanti soldati perché forse non ci sarebbero tanti stupri. O anche: se non ci fossero belle donne – tout court – non ci sarebbero stupratori, ché, si sa, è l’occasione che fa l’uomo ladro, tanto più che – e si sa anche questo – l’uomo – sì, sempre lui – è cacciatore e dunque, bella mia, hai voglia a fare la ministra, l’infermiera, la scienziata, la sarta … la madre; preda sei e preda resti. Impara a correre. Il Cavaliere non è nuovo a certe facezie che pronuncia invariabilmente col sorriso sbarazzino che gli è proprio, girando gli occhi a cercare il consenso entusiasta delle sue platee, ma questa volta sento di poter dire che è andato oltre ogni possibile confine dello sdegno sopportabile. Intanto la violenza sulle donne in Italia – e basta controllare i dati ISTAT – ha raggiunto numeri inimmaginabili per un paese che si vuole democratico e dunque civile. Colpisce donne d’ogni età e classe sociale, italiane e straniere presenti sul territorio del Bel Paese, sia come immigrate che come turiste; la violenza è la principale causa di morte per le donne tra i trenta e i cinquanta anni, si consuma nelle strade – ed è quella su cui principalmente si accendono i riflettori – e tanta di più dentro le mura domestiche, da parte di padri, mariti, figli, fratelli, amanti e fidanzati, vicini di casa e amici di famiglia. L’Istat non parla del grado di avvenenza delle donne violentate, anche perché quando diventano numeri buoni per le statistiche, i loro volti e i loro corpi sono spesso ridotti a grumi di sangue e di dolore che rendono difficile – anche a un umorismo meno leggero di quello del Cavaliere - classificarli dentro una qualsiasi categoria estetica. Viviamo in un paese che si erge ad ultimo baluardo dei valori della famiglia, della morale, del rispetto cristiano del prossimo, il Papa e i suoi vescovi hanno una presenza televisiva superiore a Pippo Baudo, in ogni trasmissione, sia d’intrattenimento – per il popolo – sia di riflessione – per il ceto intellettuale ed impegnato - e sono interlocutori privilegiati di ogni proposta politica significativa, sia da parte del governo che dell’opposizione. ùSi parla e si dibatte accesamente sui diritti del feto, sul destino degli embrioni, sulle staminali, se i musulmani possono pregare o no guardando il Duomo di Milano, se al festival di Sanremo è lecito cantare di un certo Luca che prima diventa gay e poi guarisce… Di tutto si parla in Italia meno che dei diritti delle donne, dei loro diritti ad uscire per strada senza essere il pretesto per riempire le stesse di militari come se fossimo in guerra – un po’ lo siamo, ma non è una guerra delle/per le donne -; diritti a scegliere i propri partner, il proprio domicilio, ad aver un lavoro che non le costringe a decidere se essere o no madri, ad essere protette dalle leggi contro i violenti di famiglia, a vedere puniti chi le abusa, ma anche chi le oltraggia. E sì, caro Cavaliere, in un paese dove tali diritti fossero riconosciuti, certo non ci sarebbe bisogno di sguinzagliare l’esercito per le città né di dover sopportare – tra gli altri - il ghigno soddisfatto del ministro della difesa, che alterna i completini da discoteca alla tuta mimetica con cui si produce nelle parate in giro per i tragici teatri di guerra in cui i nostri (vostri) soldati – lì sì – spendono proficuamente il loro impegno. In un paese così il Presidente del Consiglio non potrebbe parlare delle donne italiane come se fossero figurine da salotto, e dei violenti come cultori appassionati della bellezza femminile, ragazzacci dalla testa calda, anzi infiammata da un desiderio che in fin dei conti – sia pure esagerato negli esiti e nei modi – è espressione normale della sessualità del vero maschio, made in Italy. Ma in un paese così non ci sarebbero platee entusiaste al verbo di Silvio Berlusconi, uomini e donne – dobbiamo ammetterlo, anche molte donne – pronte a sorridere alle sue battute e ad applaudire anche a costo di negare l’evidenza di un’assenza tanto palese di sensibilità, senso dello Stato o anche solo di buon gusto. In un paese così la ministra Carfagna e la ministra Gelmini – e cito solo due nomi ,ma potrei farne molti di più - si alzerebbero dai loro scranni in parlamento con tutto il bon ton consentito dai loro impeccabili tailleurini e straccerebbero in faccia al Cavaliere le loro tessere di partito, tra l’applauso entusiasta di Turco, Bindi, Finocchiaro, Sereni – e anche qui potrei fare molti altri nomi - anch’esse finalmente sul piede di un outing out di genere che noi donne – belle donne italiane – elettrici aspettiamo da tempo. *Membro della rete delle donne umbre Condividi