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E’ stato giustamente notato che nella sua costituzione materiale il neonato Partito democratico porta i segni del “berlusconismo”. I soggetti promotori (Ds e Margherita), attraverso il meccanismo delle primarie, hanno incoronato un leader cui non può fare in alcun modo da contrappeso la pletorica assemblea costituente. Tanto più che il leader, una volta insediatosi, ha costituito gli organismi dirigenti senza neppure cercare la ratifica formale dell’assemblea. Come accadde per Forza Italia, il partito si costituisce intorno al capo, è quasi una sua espansione fisica. Veltroni non ha fatto proprio fino in fondo il consiglio (forse interessato) di Giuliano Ferrara di rinunciare agli iscritti e alle sedi. L’iscrizione ci sarà, seppure nella forma blanda dell’attestato, invece che della tessera, e vi saranno delle sedi, ma si dichiara che non coincideranno con quelle di Ds e Margherita. Sospettiamo che sarà difficile in certe zone dell’Umbria (come dalla Toscana e dell’Emilia) persuadere il militante tradizionale di Pci – Pds – Ds a traslocare da quella che considera la propria casa, ma, abituato ai contrordini di prospettiva e di linea dei suoi capi, potrebbe anche stavolta ubbidire, seppure di malavoglia. Berlusconi, imitato ed in un certo senso superato, fallita la spallata al governo, è andato oltre: ha scelto da sé le forze motrici del nuovo Partito del popolo della libertà (i Circoli della Brambilla, quelli di Dell’Utri, Forza Italia depurata dai “parrucconi”) e probabilmente da solo sceglierà i componenti dell’assemblea costituente che ha annunciato per il 2 dicembre. Non ha avuto neppure bisogno delle primarie, gli sono bastati i gazebo: ai tre milioni di voti di Veltroni potevano ben corrispondere i suoi sette, otto, nove milioni di firme. Una mossa questa che ha svelato la natura di primarie come quelle del Pd, anch’esse celebrate per ratificare scelte già compiute: la partecipazione serve solo a fare numero. Finte primarie e gazebo accentuano, insieme alla personalizzazione della politica, una deriva plebiscitaria assai pericolosa per le sorti della democrazia italiana: per questa via i pochi che contano offrono ai molti solo la precettazione e la misera soddisfazione di poter dire “io c’ero”. Non sorprendono allora le tentazioni di accordo privilegiato tra i due “nuovi” partiti plebiscitari: chi si somiglia, si piglia. Anche per questo è urgente che la sinistra si unifichi presto e bene in un soggetto unitario. Quanto al “come” esistono ricette diverse, ma una mi pare sicuramente da evitare: il modello leaderistico e plebiscitario offerto da quello che un felice invenzione linguistica chiama Berlustroni. Condividi