barbaracicioni.jpg
di Isabella Rossi Il soffocamento di Barbara Cicioni, uccisa il 24 maggio 2007 all’ottavo mese di gravidanza, è stato attuato probabilmente intorno alle 23,00 per interposizione di un mezzo morbido quale una coperta, un tessuto, un cuscino. Si è trattato di un’asfissia pura, cioè la morte è stata procurata essenzialmente dall’impedimento materiale di introdurre aria nei polmoni. E la vittima non ha opposto resistenza. Questo l’esito di un’ ulteriore perizia medico-legale effettuata dalla dottoressa Maria Teresa Sorrenti, consulente di parte su incarico dell’avvocato Maria Cristina Ciace che rappresenta il Telefono Rosa, parte civile nel processo. La morte è stata provocata attraverso una modalità mista con un principio di strozzamento e un successivo soffocamento, laddove il primo, secondo l’ipotesi ricostruttiva della dottoressa, potrebbe essere avvenuto in posizione eretta ed essere servito a trascinare la vittima sopra al letto. Proprio il letto, infatti, potrebbe aver offerto all’assassino la superficie più idonea per il compimento dell’aggressione. La morte per soffocamento è sopraggiunta dopo un minimo di 4 minuti ed un massimo di 7. Un periodo che evidenzia quando forte fosse l’intenzione di uccidere. Anche l’analisi del contenuto gastrico, nell’ipotesi che la cena sia avvenuta tra le 20,30 e le 21,00, conforterebbe le precedente dichiarazioni rese dalla dottoressa. L’avvocato Luca Gentile ha interrogato la teste in merito alle lievi lesioni alle mani ottenendo la conferma che tali lesioni “non hanno la caratteristica per essere inquadrate come lesione difensiva”. Anche per quanto riguarda la temperatura ambientale, insieme a quella corporea del cadavere tra i più importanti parametri per la determinazione dell’ora del decesso, si conferma che i 24° rilevati in quella calda sera di primavera nella villetta di Compignano non hanno permesso che il raffredamento del corpo esanime di Barbara avvenisse troppo in fretta. Le prossime udienze sono previste per il 22 e il 23 gennaio. Condividi