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di Isabella Rossi Per ora la condanna della Corte Giustizia Europea che richiede l’innalzamento dell’età previdenziale per le donne e la sua omologazione a quella maschile, non avrà conseguenze in Italia. Ovvero l’Italia attribuisce alla differente età previdenziale un’azione risarcitoria rispetto alle disparità di trattamento economico e alle difficoltà di accesso al mercato del lavoro che colpiscono le donne. I giudici lussemburghesi oppongono, tuttavia, che tale differente età previdenziale non è affatto riuscita a colmare negli anni gli svantaggi ai quali sono sottoposte le carriere delle donne. Il vantaggio previdenziale, di fatto, convive con discriminazioni e svantaggi riscontrabili solo nei paesi del terzo mondo. E se il 57% delle donne italiane sono disoccupate, con la crisi il livello occupazionale rischia fortemente di scendere ancora. Ed è proprio per riflettere sulla situazione che alcuni giorni fa Emma Bonino, vice presidente del Senato, ha chiamato un gruppo di deputati e senatori radicali nel Pd ad esprimersi. “In pensione quando, al lavoro come?” era il tema del forum, più in generale si è discusso dell’impatto della crisi economica sulle donne. Un impatto che si prevede, inutile negarlo, disastroso. Sulle donne occupate, che hanno in maggioranza contratti flessibili e molto più degli uomini in Italia difficoltà di accesso al mercato del lavoro, la recessione economica si abbatterà come uno tsunami. Per eliminare gli svantaggi a cui sono sottoposte le carriere delle donne Renata Polverini, segretario Ugl, richiede che all’aumento dell’età corrisponda un bonus previdenziale per ogni figlio. Per la CGL, invece, occorre invertire le priorità. Cominciare, cioè, dagli ammortizzatori sociali visto che le donne saranno le più penalizzate dalla recessione. Secondo Emma Bonino la sentenza della Corte di Giustizia Europea potrebbe diventare un’occasione di riscatto. L’equiparazione avrebbe l’effetto di mandare più tardi in pensione un 20% della popolazione con un risparmio per lo Stato di 250 milioni di euro. Tuttavia in cambio dell’equiparazione dell’età pensionabile occorerebbe il risparmio per incentivi fiscali sul lavoro delle donne o introducendo contributi figurativi previdenziali per ogni figlio, secondo la presidente Bonino. Quello che si vuole cambiare è una certa logica di tutela delle donne che include da sempre anche le note discriminazioni. Come dire: pensione prima ma niente carriera, niente servizi di cura e assistenza, dato che se trovare lavoro in Italia è un "onore" per una donna, l'onere del lavoro di cura la politica lo vuol far gravare tutto sulle sue spalle, come hanno dimostrato i programmi elettorali di Pd e Pdl, in cui si proponeva la defiscalizzazione dei redditi femminili a fronte di comprovate spese di cura, o l'ancora più esplicito quoziente familiare. Altro che welfare, si abbassa il lavoro retribuito delle donne e si innalza quello gratuito. A questa logica hanno risposto le politiche dei partiti di maggioranza. Ma tali strategie saranno ancora sostenibili in fase di recessione? Le donne che le hanno accettato, consapevomente o inconsapevolmente, continueranno a dare fiducia alla politica che le penalizza? Sicuramente la recessione fornirà una risposta a questi quesiti. Condividi