E' un dibattito aperto. Da quando, credo, la sinistra abbia cominciato a presentarsi sulla scena politica, ma sempre è riuscita a contraddire i fatti alle nobili intenzioni, contrapponendo analisi e prassi.

Oggi siamo ancora a questo punto. Ognuno vuole imporre il suo punto di vista ed essere egemone nell'area politica che, appunto, si definisce di sinistra.

Così i sedicenti "rivoluzionari" rifiutano ogni possibile confronto con quelli che gli stessi definiscono "riformisti". Una diatriba che sembra di altri tempi, ma che invece è paradossalmente attuale, un po' forzata, vero, semplificata agli estremi, ma che ha una sua fondante verità.

A mio avviso siamo in un momento che dovremmo tutti fare uno, due, tre passi indietro e confrontarsi a tutto campo senza pregiudizi e presunzioni.

Il movimento operaio italiano ed europeo, che nel secolo scorso si è sviluppato e cresciuto, acquisendo una forza politica rilevante ed ottenendo  significative conquiste nel campo sociale ed economico, nonché su quello politico, è stato decisamente sconfitto. Di quei soggetti politici (partiti, sindacati) non resta che una sparuta residuale testimonianza che a stento sopravvivono. L'opinione pubblica non si accorge della loro esistenza e parlano soprattutto a loro stessi.

Le cause di questa storica sconfitta sono tutte da analizzare, ma credo che riconoscere e vedere questa oggettiva situazione sia cosa elementare.

Ma credo anche che le cause che determinarono il costituirsi di movimenti organizzati di lavoratori nei tempi che furono, oggi siano le stesse. Ovviamente si manifestano nelle contraddizioni sociali contemporanee, quindi in situazioni completamente trasformate ed in continua mutazione, per il correre veloce delle nostro tempo, ma i valori di fondo sono gli stessi, e credo che siano utili, ancora oggi, gli strumenti che allora permisero di capire lo sviluppo economico, le conseguenze di quello sviluppo, pensare ed individuare le possibili forme organizzative per contrastare ingiustizie e diseguaglianze e chiedere una redistribuzione della ricchezza prodotta, nonché  una vera giustizia sociale.

Difronte allo strapotere del capitale, trasformatosi egemonicamente in finanziario, all'impoverimento di intere popolazioni, alla totale precarizzazione del lavoro, alla marginalizzazione della questione salariale (oggi la domanda si sostiene con il debito attraverso il finanziamento, visto che il salario sta precipitando rispetto al suo potere d'acquisto), al disastro ambientale, al degrado delle grandi periferie urbane, al depauperamento dei centri storici, la sinistra è completamente assente, ininfluente, non credibile.

Da qui nasce un populismo pericoloso e di destra, che non può essere paragonato storicamente al fascismo, ma comunque xenofobo e razzista, che conquista consensi e credibilità tra le masse proletarie, le stesse alle quali la sinistra deve rivolgersi (la nostra gente).

Quindi è completamente velleitario a priori fare esclusioni, rifiutare il confronto. Certo ci sono responsabilità maggiori da parte di alcuni, Cassandre che parlavano al vento, come negli anni '90 successe a Rifondazione Comunista quando denunciò per prima la deriva finanziaria dell' economia, quando contestò con forza gli accordi di Maastricht e la costruzione di un'Europa fondata sulla moneta unica anziché sui valori di libertà, uguaglianza e solidarietà fra i popoli che la compongono. Valori Europei  per i quali il popolo francese ha fatto una Rivoluzione.

Ma adesso è completamente inutile, da un punto di vista strettamente politico, condannare. Altra cosa è il giudizio storico, che spero sia impietoso, e qualche autocritica comincia ad emergere, ma qui c'è da costruire per progettare un futuro che sia di speranza.

Si devono affrontare in difficoltà estreme situazioni che possono portare solo al disastro totale. Immigrazione, lavoro, ambiente, nazionalismi, sono al punto di esplodere, emergenze che non si possono sottovalutare. La dimensione, se lo fosse mai stata, non è più nazionale, ma Europea e mondiale.

È solo una sinistra unita e riconoscibile (Il PD è ormai altra cosa), che può riemergere da un buio che da troppo tempo l'attanaglia e la rende immobile. Ed è rivendicando i propri valori di democrazia ed uguaglianza, senza settarismi, avendo un orizzonte politico internazionale, un'idea di redistribuzione del reddito, denunciando senza paure le mostruose diseguaglianze fra i sempre meno e sempre più ricchi e i sempre più poveri, lottando per una equa redistribuzione della ricchezza e per il risanamento ambientale che può tornare ad essere credibile e riconosciuta dai più deboli come forza utile ai propri bisogni.

Potenziare, quindi, il welfare state attraverso una rete di servizi sociali (sanità, istruzione) per rifondare una società coesa, che possa ridare senso al concetto di cittadinanza, all’appartenenza di una comunità che si apre senza pregiudizi ad ogni tipo di diversità, senza steccati ideologici e culturali, senza alcun tipo di pregiudizio che creano solo conflitto fra poveri.  

In economia avere la forza di dire che settori strategici come l’energia e l’informazione devono essere di proprietà pubblica, e dato il progressivo sviluppo tecnologico, che ha come effetto quello di diminuire il lavoro vivo, porsi come obiettivo una drastica diminuzione dell’orario di lavoro ed un aumento di salario, visto il progressivo aumento della produttività. Il rifiuto di ogni tipo di concetto luddista, per essere realisti e veramente progressisti.

Ed è ancora valida la celebre frase di Carlo Marx scritta 180 anni fa nel "Manifesto del Partito Comunista": "Il libero sviluppo di ognuno è condizione del libero sviluppo di tutti"

Associazione Culturale Umbrialeft
Attilio Gambacorta

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