Un estratto dalla postfazione di Luciano Canfora per il libro di Napoleone Bonaparte ‘Le guerre di Cesare’

[...] Mentre ‘bonapartismo’ è parola sgradita nel lessico comunista già solo per costante avversione espressa a suo tempo da Karl Marx per tale genere di ‘comando’, Cesare, molto più lontano nel tempo e capoparte egli stesso a lungo della fazione ‘popularis’, diventa modello più utile. In un appunto risalente al 1942, ma edito postumamente solo nell’agosto 1965, Palmiro Togliatti scrive: “L’uomo più grande della storia di Roma, che fu Cesare”.

Ma il giudizio non era una mera esplosione di entusiasmo. Togliatti approda a quel giudizio nell’ambito di uno schema di lezione di storia destinato ai militanti italiani e spagnoli esuli a Mosca, intitolato ‘Principali falsificazioni nell’insegnamento della storia di Roma nelle scuole fasciste’. In quel contesto, il ragionamento che Togliatti svolge ha valore limitativo. La creazione - osserva Togliatti - di un impero con pretesa universalistica, quale quello alla cui nascita Cesare diede un grande contributo seppellendo la vecchia Repubblica oligarchica, ebbe però effetti negativi favorendo il cosmopolitismo delle classi intellettuali italiane. A quel punto, osserva Togliatti, “si potrebbe dire che l’uomo più grande della storia di Roma, che fu Cesare, fu quello che arrecò maggiori danni agli italiani come nazione”.

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