di Leonardo Caponi

 

PERUGIA - Innanzitutto, dopo l’avvio del “disgelo” tra Cuba e Usa, bisogna rallegrarsi e complimentarsi per il ritorno a casa di tutti e cinque gli agenti antiterrorismo cubani illegalmente detenuti negli Stati Uniti. “Volveran” (torneranno) era scritto negli enormi manifesti disseminatati a L’Avana e in tutta l’isola. Raoul ha mantenuto la promessa, riuscendo, anche grazie alla collaborazione della Chiesa cattolica, in una difficile impresa.

   La prospettiva del ritorno a normali relazioni tra i due Paesi è, sostanzialmente, una vittoria di Cuba. Escono sconfitte le forze che hanno sempre pensato di poter regolare i conti con una “resa” cubana e del socialismo. Lo hanno fatto per più di cinquanta anni gli Stati Uniti e lo pensano ancora forze potenti interne a quel Paese, non solo quelle collegate alla lobby dei fuoriusciti di Miami. Qualche anno fa un evento come questo avrebbe potuto essere visto con occhi e giudizi, forse, diversi. Oggi c’è nell’America Latina un quadro politico del tutto nuovo, uno dei cui fondamenti principali è stata proprio la “resistenza” cubana, all’interno del quale la maggioranza degli Stati e tra di loro i più grandi, cercano di emanciparsi dal dominio liberista e americano e ne hanno messo seriamente in  discussione l’esistenza.

   Dopo il crollo dell’Unione Sovietica Cuba ha dovuto affrontare un periodo tremendo e drammatico, che è andato sotto il nome di “periodo expecial”, nel quale, a parte l’isolamento politico militare, venivano a mancare prodotti e generi spesso essenziali per la vita umana. Nonostante lo storicismo e il vero e proprio eroismo del suo popolo, Cuba ne è uscita stremata. Oggi le cose vanno meglio, molto meglio del periodo di maggiore penuria, ma la rivoluzione, per sopravvivere, deve saper dare di più.

   Il socialismo è finito e, come paventa qualcuno, Cuba “cadrà in mano agli americani”? No, la partita è ancora del tutto aperta. Cambia solo di segno. In futuro, se il futuro sarà quello preventivabile di una accentuata apertura, si giocherà sulla capacità dei cubani di “regolare” il prevedibile e massiccio afflusso di turisti e capitali americani, impedendo che essi travolgano e cancellino il modello sociale cubano e le grandi conquiste che esso ha garantito, primo e unico a certi livelli tra i Paesi del Terzo mondo e non solo, alla popolazione dell’isola. Recentemente il Parlamento cubano a approvato una equilibrata legge sulla inversion extranjera (gli investimenti esteri) che, pur garantendo in forme nuove gli investitori, da ampie garanzie in relazione ai diritti del lavoro, il rispetto dell’ambiente, il ruolo delle imprese, prevedendo, tra l’altro, una norma che riserva in ogni caso al governo la facoltà di giudicare l’investimento proposto compatibile o meno con Cuba. Quanto ai turisti, che è prevedibile si riverseranno in massa nell’isola che gli americani, tra tutte quelle dei Caraibi, prediligono, Aleida, la figlia di Guevara, ha detto che i cubani ci sono già abituati ai milioni di visitatori che provengono da altre parti del mondo (in piccola quota dagli stessi Usa). Il mantenimento del modello cubano allude non solo al sistema sanitario, scolastico, civile, ma anche, forse soprattutto, a valori, abitudini e tempi  di vita non competitivi e selvaggi come quelli imposti dalla cultura del profitto nelle società occidentali. Sono beni immateriali che bisogna a tutti i costi impedire che vadano dispersi, per Cuba e per tutto il mondo.

    Cuba e la Rivoluzione hanno bisogno come il pane di quelle ingenti risorse finanziarie che gli sono negate dagli istituti di credito asserviti all’imperialismo, per avviare un grande processo di sviluppo e modernizzazione del Paese. Chi conosce l’isola sa che ha bisogno di un grande programma di recupero ed espansione del patrimonio edilizio, di un sistema di trasporti degno di questo nome, di una rete telematica e informatica, senza la quale, sei fuori dal mondo.   

   E’ prevedibile che i pericoli maggiori per lo snaturamento del socialismo vengano non dalla pressione dei capitali “esterni”, ma da quella ormai ampia parte della popolazione rappresentata dai lavoratori autonomi e da quelli che ambiranno a diventarlo. Nei mesi scorsi si diceva che L’Avana fosse piena di soldi, rimesse dei fuoriusciti mandati ai loro parenti nell’isola, al fine di investirli in beni immobili o in attività non appena i tempi lo consentissero. Il socialismo cubano si dovrà confrontare con le contraddizioni rappresentate da differenze di reddito e di mentalità. Chi dice che è una novità non conosce o fa finta di non conoscere Cuba. La questione esiste già oggi, con la differenza che assumerà solo un aspetto visibile e di maggiore portata. Ma, opinione personale di chi scrive, non bisogna essere pessimisti. Il Pc e il socialismo cubano sono forti; hanno resistito a cinquanta anni di accerchiamento e aggressioni e, soprattutto, all’ultimo drammatico ventennio, da quando è venuto meno l’aiuto sovietico, aiuto che caratterizzò un periodo ancora rimpianto nell’isola perché, come dicono i cubani, “allora si trovava di tutto”.

Ma la nuova partita (che non aveva alternativa) può essere giocata con fiducia. A Cuba e nel resto dell’America Latina.

 

Ps: la notizia del disgelo è stata in genere decentemente commentata dai media italiani. Mi indignano gli oppositori alla linea di Obama che, sostengono , avrebbe rinunciato a portare a Cuba la libertà e la democrazia. Ora, ammesso che quella americana sia una democrazia, far diventare Cuba come la Colombia, Puerto Rico, Santo Domingo o uno degli stati (sempre meno per fortuna) sfruttati e oppressi dagli Usa, significa portarci la libertà?

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