C’è una data precisa che inquieta le giornate degli oltre mille dipendenti della fabbrica storicamente più rappresentativa del territorio perugino, il 31 agosto 2016.

Fino ad allora è vigente l’accordo stipulato nell’agosto 2014 in sede di Confindustria tra la Nestlè e la RSU  sul Contratto di  Solidarietà. Ricordiamo che siamo giunti alla sottoscrizione di quell’importante intesa dopo che Nestlè aveva dichiarato la presenza di 210 esuberi in fabbrica, dati da un calo dei volumi produttivi.

Per la prima volta, adesso, da quando la Perugina è a San Sisto andremo a produrre meno di 25.000 tonnellate.

 
Proprio questa perdita importante di volumi, associata alla richiesta di andare a produrre sempre più in prossimità del consumo, ha generato un periodo in cui si assiste ad un netto calo della richiesta e quindi a un drastico ridimensionamento del numero dei lavoratori impiegati.

La Perugina, con i suoi oltre cento anni di storia, è una fabbrica che ha avuto sempre un periodo dell’anno caratterizzato da una flessione dei volumi di circa tre mesi  e pertanto gestibile con accordi tra le parti (esempio la pianificazione delle ferie). Oggi invece il periodo di cosiddetta "curva bassa" è di oltre cinque mesi.

Questa situazione non è figlia solo del mercato, ma di una strategia aziendale sbagliata. Siamo arretrati in quei reparti della fabbrica che tendenzialmente hanno lavorazioni contro-stagionali rispetto al cioccolato e cioè il settore dei biscotti  e delle caramelle.

Ecco perché la RSU ritiene che sia necessaria una nuova strategia aziendale mirata al rilancio della Perugina e che per farlo debbono esserci due condizioni: la prima è rafforzare i nostri prodotti, in modo particolare il "Bacio" che è e resterà la risorsa principale. Lo dobbiamo saper portare nel mondo, con azioni di sostegno forti e mirate. Ma non si potrà vivere di soli "Baci" e pertanto accanto ad essi servono altre produzioni che vadano a colmare il periodo di calo produttivo, e questo si può fare o attraverso ulteriori investimenti nei settori biscotti e caramelle (che al pari dei cioccolatini da sempre caratterizzano questa industria) o portando a San Sisto ancora altre nuove produzioni.

Ecco perché nel Piano Industriale elaborato dalla RSU e presentato nell’iniziativa pubblica dei mesi scorsi alla presenza del Ministero dello Sviluppo Economico avevamo parlato del caffè come una possibile opportunità per la fabbrica.

In mancanza di queste condizioni il futuro della Perugina sarà ben diverso da come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi.

La sottoscrizione dell’Accordo sul Contratto di Solidarietà per due anni per noi voleva dire proprio questo: da un lato evitare che gli esuberi dichiarati da Nestlè, si trasformassero in licenziamenti, dall’altro dare del tempo congruo alla multinazionale per elaborare una strategia di rilancio.

Ma non è questo che, pare, stia succedendo,

La Nestlè si è “seduta”, non sta mostrando nessun segnale di avere un piano di rilancio dell'azienda e poiché sappiamo che tra un anno esatto l’ammortizzatore sociale finirà, siamo preoccupati e vogliamo sapere quale sarà la Perugina post-solidarietà.

Intanto in fabbrica vediamo come queste criticità si trasformano in perdita di ore lavorate. I lavoratori a tempo indeterminato hanno visto una forte riduzione del salario e gli stagionali (circa 250) hanno davanti un futuro molto nebuloso. Negli anni passati a questa data in fabbrica c’erano quasi tutti gli stagionali. Oggi ce ne sono 25 rientrati il 1 settembre.

In questi mesi abbiamo incalzato la Nestlè più volte, in sede di Coordinamento aziendale europeo, in sede di Coordinamento nazionale, con comunicati stampa, interviste, ecc. ma da parte dell'industria non abbiamo ricevuto nessun segnale.

Ecco perché oggi siamo di nuovo a chiedere che sia il Governo a giocare un ruolo attivo in questa partita, convocando i vertici Nestlè e cercando di capire quali sono le intenzioni della multinazionale su Perugia e sugli altri siti in Italia.

Nel corso degli anni nel settore abbiamo assistito ad una costante diminuzione degli stabilimenti e pertanto degli occupati. La nostra domanda è semplice: la Nestlè ritiene ancora l’Italia un paese in cui produrre o solo un territorio dove commercializzare i propri marchi? Noi pensiamo che sia competenza del Ministero dello Sviluppo economico formulare alla proprietà anche questo legittimo interrogativo.

In questa difficile partita chiediamo che anche tutte le Istituzioni umbre si stringano attorno alla fabbrica, così come lo deve fare tutto il territorio.

Nel tempo la Perugina è stata qualcosa in più di un posto di lavoro dignitoso, per tante ragazze e ragazzi ha rappresentato la speranza di avere un futuro, la possibilità  di poter anche pianificare la propria vita privata.

Oggi questa opportunità è messa seriamente a rischio. Spetta a noi lavoratori, a noi sindacato, ma spetta anche alle Istituzioni, spetta alla città di Perugia, impegnarsi per far capire alla Nestlè che sullo stabilimento di San Sisto non si può giocare. Ne abbiamo già viste troppe di multinazionali che arrivano, acquistano i migliori brand nel mercato, sfruttano al massimo i prodotti per poi cestinarli alle prime difficoltà.

La Perugina si deve rilanciare e non cestinare!

 

Luca Turcheria,
Coordinatore RSU Nestlè,  Flai-Cgil

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