di Norma Rangeri

 

 

Per cam­biare il voca­bo­la­rio poli­tico dell’Europa dell’era neo­li­be­ri­sta, per tagliare il ramo secco dell’austerity e tor­nare alle radici euro­pee ori­gi­na­rie, fonte della demo­cra­zia, dob­biamo tor­nare alla scuola di Atene che oggi vive la sto­rica vit­to­ria della sini­stra nuova di Syriza e del suo gio­vane lea­der Ale­xis Tsipras.

Le cro­na­che rac­con­tano che nella piazza Omo­nia di Atene, dove Tsi­pras ha tenuto l’ultimo grande comi­zio della vigi­lia, c’era tanta gente comune, lon­tana dalla poli­tica attiva, senza ban­diere né slo­gan. Era il segnale tan­gi­bile che qual­cosa si era mosso nelle pro­fon­dità della società greca. Del resto i son­daggi delle ultime ore indi­ca­vano che la vit­to­ria di Tsi­pras sarebbe stata ali­men­tata da un voto che arri­vava a Syriza da tutta la popo­la­zione, anche da quei greci che alle ultime ele­zioni del 2012 ave­vano votato per la destra spe­rando di tro­vare così una via d’uscita alle loro sof­fe­renze. C’era chi pre­ve­deva che un 10 per cento dei con­sensi sareb­bero venuti da quella parte di Nuova Demo­cra­zia ostile all’estremismo libe­ri­sta del pre­mier uscente Sama­ras. Gente per nulla di sini­stra, ma che, que­sta volta, voleva punire un governo col­pe­vole di avere decur­tato pen­sioni e sti­pendi por­tan­doli a livelli di sussidi.

D’altra parte quando superi il 35 per cento dei con­sensi vuol dire che i voti ti arri­vano un po’ da tutti i ceti sociali, almeno da tutti quelli che la crisi ha messo con le spalle al muro, da quel 30 per cento di fami­glie ridotte in povertà, da quei cit­ta­dini che in massa fanno la fila per rime­diare medi­ci­nali e cibo.

Se la nostra media della disoc­cu­pa­zione è al 12 per cento e ci fa paura, quella greca ha sfon­dato il 26 per cento, più del dop­pio, e si cal­cola che un milione e mezzo di occu­pati abbia sulle spalle otto milioni e mezzo di con­na­zio­nali ridotti alla sussistenza. Ormai si orga­niz­zano viaggi di stu­dio per vedere e capire come Syriza sia riu­scita a orga­niz­zare 400 cen­tri di ero­ga­zione di ser­vizi sociali in tutto il paese.

Si resta incre­duli a sen­tire che si può com­prare un appar­ta­mento per 5000 euro, che il cata­sto è inser­vi­bile, ma che gli arma­tori sono ancora i poten­tis­simi padroni di Atene.

Que­sto paese distrutto dalla guerra eco­no­mica e gover­nato dalla Troika oggi trova la forza di riac­ciuf­fare la speranza.

Dando fidu­cia a una forza di sini­stra nuova, impe­gnata in tutto il ter­ri­to­rio nazio­nale a fianco dei più deboli, con un pro­gramma poli­tico che fa della rine­go­zia­zione del debito e la can­cel­la­zione dei Memo­ran­dun la leva a cui aggan­ciare un’agenda di prov­ve­di­menti molto pre­cisi: tetto minimo di 700 euro agli sti­pendi, tre­di­ce­sima per le pen­sioni minime, can­cel­la­zione di tasse sulla casa e blocco delle aste giu­di­zia­rie, ban­che con­trol­late dallo stato, patri­mo­niale sulle grandi ric­chezze cre­sciute all’ombra della crisi.

Una pro­po­sta di governo ormai cono­sciuta come il “pro­gramma di Salo­nicco” che Tsi­pras ha pro­messo di per­se­guire a pre­scin­dere da come andrà la trat­ta­tiva con le isti­tu­zioni europee.

Di fronte allo sfa­scio di un paese che nella sua sto­ria recente ha cono­sciuto pagine dram­ma­ti­che fino al colpo di stato dei colon­nelli negli anni ’70, il fatto che Syriza abbia sbar­rato la strada alla destra ever­siva è un risul­tato che sarebbe imper­do­na­bile sot­to­va­lu­tare anche solo sem­pli­ce­mente sotto il pro­filo della difesa democratica.

Una destra sem­pre pre­sente (con i neo­na­zi­sti di Alba Dorata che con­ten­dono il terzo posto al rag­grup­pa­mento di cen­tro­si­ni­stra To Potami), per­ché se Tsi­pras dovesse fal­lire, in Gre­cia arri­verà l’estrema destra. Lo sanno bene le can­cel­le­rie inter­na­zio­nali che si spin­gono a pur caute aper­ture verso una trat­ta­tiva, come dimo­stra la linea aper­tu­ri­sta del Finan­cial Times.

Perché quello che sta vivendo oggi l’Europa, dalla Fran­cia all’Ucraina, con la natura vio­lenta, iso­la­zio­ni­sta, xeno­foba, nazio­na­li­sta delle destre che si stanno rior­ga­niz­zando, potrà essere fer­mato solo da un rapido, bene­fico con­ta­gio del vento greco, da una cosmo­po­lita sini­stra euro­pea di nuova gene­ra­zione (fis­sata nell’immagine, a piazza Omo­nia, dell’abbraccio tra Tsi­pras e Igle­sias, lea­der di Podemos).

Una sini­stra che cita molto Gram­sci, che ha solide radici a sini­stra ma che intende lasciarsi alle spalle le zavorre nove­cen­te­sche, capace di rin­no­vare radi­cal­mente modelli par­ti­tici, lea­der­ship e cul­ture politiche.

La vit­to­ria di Syriza è solo l’inizio di un per­corso pieno di trap­pole, osta­coli, con­trad­di­zioni. Pren­dersi la respon­sa­bi­lità di gover­nare un paese distrutto sem­bra quasi una mis­sione impossibile.

Nel libro di Teo­doro Andrea­dis Syn­ghel­la­kis, “Ale­xis Tsi­pras, la mia sini­stra”, il lea­der di Syriza spiega molto bene che si tratta «di una scom­messa enorme, simile a quella del Bra­sile di Lula» e avverte che «non pos­siamo per­met­terci il lusso di igno­rare che gran parte della società greca, e anche una per­cen­tuale dei nostri soste­ni­tori, abbia assor­bito idee con­ser­va­trici». Dun­que con­sa­pe­vo­lezza della prova che l’attende e deter­mi­na­zione nel per­se­guire l’obiettivo «che oggi non è il socia­li­smo ma la fine dell’austerità».

Ma que­sti sono i momenti della festa, della svolta, della vit­to­ria con­tro­mano, della bel­lis­sima rivin­cita che la Gre­cia si prende dopo sei anni vis­suti come una pic­cola cavia nel grande labo­ra­to­rio tede­sco. Un paese da punire in modo esem­plare per edu­care tutti gli altri: se non volete finire come la Gre­cia ingo­iate l’amara medi­cina dei tagli a salari e pen­sioni (anche noi abbiamo assag­giato que­sta fru­sta e ingo­iato que­sta pil­lola). Il debito vis­suto come colpa (avete voluto vivere al di sopra delle vostre pos­si­bi­lità) con tutto l’armamentario dei luo­ghi comuni che ancora oggi sen­tiamo ripe­tere in tv e leg­giamo sui giornali.

Ora dob­biamo atten­derci un ampio fuoco di sbar­ra­mento con­tro la svolta sociale di Syriza che appunto ribalta la pro­spet­tiva e rimette la realtà con i piedi per terra.

Quando nel feb­braio dello scorso anno Tsi­pras venne in Ita­lia in vista delle ele­zioni euro­pee, come prima tappa fece visita alla reda­zione del mani­fe­sto (Renzi non trovò il tempo di rice­verlo). Ci parlò a lungo del cam­mino verso una sini­stra unita e di quello che poi sarebbe diven­tato il pro­gramma di governo. Ci regalò una pic­cola barca di por­cel­lana della col­le­zione del museo Benaki, quasi un auspi­cio, un pro­no­stico. Due colo­ra­tis­sime vele gonfie.

Un anno fa il vento in poppa era un auspi­cio e forse un pro­no­stico. Ora è una realtà sulla quale la sini­stra ita­liana dovrebbe riflet­tere molto. E anche in fretta.

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