di Franco Arminio.

Chi si ammala rischia di incorrere sempre di più in qualche medico autistico. Spesso sono giovani. Ne ho visto uno al capezzale di una persona cara. Un medico muto e frettoloso, in un momento in cui i parenti avevano bisogno di parole e di indugio. È sempre più spesso così. E quando parlano spesso è con malagrazia. Ogni giorno a migliaia di persone viene annunciato che hanno un tumore. È un giorno terribile e richiederebbe dolcezza, premura. Del resto i dottori lavorano in un’azienda e il paziente è un cliente che ha un organo malato. Sono allenati per curare l’organo e poco gli interessa della fragilità umana, del mulinello d’infinito che si agita attorno a una malattia. Perché l’aiuto del medico può venire anche dal ricordare che la malattia può essere un’occasione d’ascolto del proprio corpo, un modo per mettere ordine nella propria vita. Quando si parla di malasanità si tende a pensare ai medicaciucci che magari lasciano una pinza nella pancia di un paziente. Sono eventi rarissimi. Quello che è spaventosamente comune è l’autismo di molti medici, la loro incapacità di comunicare coi pazienti. E allora la relazione con queste persone può rendere più amaro il male piuttosto che lenirlo. Non ammaliamoci, dunque, almeno fino a quando i medici malati non saranno guariti.

P.S.
Il 5 u.s., a Foggia sono stato al funerale di Arnaldo. Ricordiamoci sempre che un funerale è una cerimonia importante e bisogna esserci. E bisogna esserci anche prima, quando le persone stanno male.

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