di Cristina Morini - La Comune Info.

Malgrado sia stata generalmente questa l’interpretazione comune, le categorie di “produttivo” o “improduttivo” non erano state usate da Marx per indicare una contrapposizione tra ciò che è utile e ciò che non lo è. Si tratta di categorie analitiche del suo tempo, che ovviamente non è il nostro. Non a caso, una delle domande classiche del femminismo, resta dirimente: si può definire “produttivo” un lavoro finalizzato al plusvalore e non al benessere della società? Oggi, sono ben diverse e più invadenti le possibili fonti dello sfruttamento che produce capitale. Altrettanto differenti saranno le vie di fuga, le rivoluzioni che debbono essere immaginate. Viviamo nell’apparente paradosso di una generalizzazione del plusvalore nell’era del tramonto dell’occupazione salariata. La vita stessa viene messa al lavoro con il noto ossimoro del capitale umano. D’altra parte, l’ideologia produttivista auto-distruttiva non pare intimorita nemmeno dalla possibile catastrofe ecologica. Se però restiamo all’idea del capitale come relazione sociale, avremo ancora due tensioni opposte: in termini classicamente politici tra soggettivazione e assoggettamento; con la prospettiva delle donne, da sempre abituata alla generalizzazione del lavoro sociale e del plusvalore, all’idea di un’opposizione al capitale vista essenzialmente come un’opposizione di corpi. Dentro e contro il capitale che prova a farsi umano.

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