di Gian Filippo Della Croce

 

PERUGIA - Come sono lontani i tempi quando l’ex sindaco Raffaelli offriva le chiavi della città al presidente della Thyssen Krupp come omaggio alle gloriose sorti e progressive delle acciaierie di Terni promesse dalla multinazionale tedesca, che però solo qualche mese dopo operò l’amputazione della produzione di acciaio magnetico trasferendola in Germania.

E’ vero che ci fu una compensazione, ovvero un sostanzioso investimento sulla produzione di acciaio inox al fine di realizzare a Terni un polo mondiale per la produzione dell’inossidabile. Ma il baco era dentro la mela perché la lunga storia dello stabilimento ternano è stata da sempre legata alla multi produzione , una caratteristica che sapientemente utilizzata dalle maestranze ne  ha garantito la sua secolare esistenza. Scegliendo invece soltanto la produzione di un tipo di acciaio la Thyssen Krupp di fatto legava inesorabilmente i destini della AST all’andamento di quel mercato, importante ma non strategico (come l’acciaio magnetico) e legato rigidamente all’andamento dei consumi di beni durevoli e semidurevoli.

Una scelta meditata (sfruttare il momentaneo andamento positivo del mercato dell’inox, facendone assumere l’intero rischio all’AST) o semplicemente azzardata, da chi come la Thyssen che nel suo assetto di conglomerata si caratterizzava già allora con un 70% del suo business dedicato ad attività finanziarie e soltanto il 17% alla siderurgia?  Il dubbio rimane ed è legittimo.  Siamo comunque certi che la vicenda dell’AST ha le radici nella sconsiderata “euforia” che ha caratterizzato la stagione delle privatizzazioni e che ha creato danni incalcolabili al paese danneggiandone irreversibilmente il patrimonio industriale. Oggi Terni e l’Umbria si trovano a combattere la “madre” di tutte le battaglie, per difendere la sopravvivenza dell’AST e il futuro di una città e di una regione, ma senza una strategia efficace e trascinandosi dietro il peso di errori lontani e vicini che la politica locale, nazionale ed europea ha commesso nei confronti della più grande risorsa economica della regione.

Risultano più che patetici pertanto i frettolosi appelli e le frettolose proposte per un eventuale riequilibrio dell’economia territoriale messa a rischio da un altrettanto eventuale (se va bene) ridimensionamento dell’AST, attraverso non meglio identificati percorsi di sviluppo alternativi. La storia ha i suoi tempi  sia che si parli di politica o di industria, e proprio la politica è tenuta ad interpretarli  ben sapendo che il tempo (e quindi le occasioni) una volta perduto non è più recuperabile almeno nelle stesse modalità. Purtroppo il dibattito intorno alla “madre” di tutte le battaglie dell’Umbria, è assolutamente debole a tutti i livelli a fronte di quello che appare come il naturale epilogo : cioè nel migliore dei casi un forte ridimensionamento della stabilimento ternano.

Occorre immediatamente una strategia che abbia in se anche una valenza industriale perché soluzioni tampone (area di crisi eccetera) possono essere utili soltanto nel breve termine , ma la politica umbra  sarà capace di andare oltre? Quella dell’AST, sarà quindi la “madre” di tutte le battaglie anche per la politica umbra e i suoi protagonisti che debbono essere ben coscienti che stavolta non basta più la famosa “solidarietà”  buona per tutti gli usi, e guarda caso il destino ha voluto che tutto ciò accadesse alla vigilia delle elezioni regionali. Se la vicenda continua ad andare avanti come ora, il futuro dell’AST, rischia di essere l’argomento centrale da affrontare in campagna elettorale, sarà bene che i futuri candidati siano più che preparati.

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