PERUGIA - Sicuramente siamo in presenza di grandi cambiamenti sullo scenario politico nazionale , a partire da quella “democrazia digitale” della quale non abbiamo visto finora che i primi episodi, ma che già si presenta come il più importante fra i vari elementi di novità della cultura politica, novità che hanno fatto irruzione di recente e in modo così repentino che i politici nostrani non sono riusciti neanche a percepirli, convinti come sono della infallibilità dei loro vecchi e ormai inservibili sistemi.

Il caso italiano,dove l’Umbria non fa eccezione, infatti registra una verticale decadenza delle classi dirigenti. Per questo occorre una classe dirigente adeguata al di là dell’anagrafe (questo è un paese per vecchi o per giovani?), che in Italia non ha mai contato un gran che, e forse è anche giusto. Il vecchio in politica, come ci dice Massimo Cacciari “ è caratterizzato dall’ignorare il possibile”, altro che data di nascita! Nel nostro caso il “possibile” è rappresentato dalla possibilità di disporre di una classe dirigente adatta a guidare il paese, che sappia interpretare il suo ruolo teso al bene comune , rimuovere i fattori negativi che attualmente la caratterizzano e produrre leader, ovvero uomini capaci di interpretare al meglio le necessità del momento sapendo nello stesso tempo indicare una prospettiva reale capace di ottenere consenso. Un discorso questo, che tocca sia la destra che la sinistra, le cui difficoltà di realizzazione al momento attuale derivano anche, come sostiene qualche illustre commentatore, che aggiunge “soprattutto a sinistra” dall’assenza di una qualità rara fra i politici nostrani: l’umiltà, quella vera e non quella esibita narcisisticamente.

Ma perché “soprattutto a sinistra?”, forse perché la sinistra si ostina a non voler ancora ben capire perché il Paese si è ridotto così e dove lei, la sinistra ha sbagliato. Ormai il “Berlusconi vattene” rischia di divenire un trito e abusato slogan vuoto di contenuti e non è certo il suo uso che costruirà o farà emergere quella classe dirigente di cui la sinistra ha bisogno come il pane, al centro come alla periferia.

E non sarà nemmeno il logoratissimo slogan “ siamo diversi”, sbandierato da tempo ogni volta che si parla di “questione morale”, perché la diversità la si vede sul campo, ovvero sul modo di agire della classe dirigente e sulla sua “umiltà”, quella di riconoscere errori, debolezze e altro non per autoassolversi ma per farne tesoro, condividendo l’analisi con i cittadini e adoperandosi di conseguenza affinché il “danno” ( che si riversa anche sui cittadini elettori), sia all’immagine che al ruolo sia riparato al più presto recuperando la fiducia della gente.

Di fronte all’esplodere del bisogno del lavoro, di un equo reddito, della casa, di un ambiente sano, di una vita degna di essere vissuta, questa classe dirigente non ha molte risposte da dare al centro come in periferia, ( le isole felici sono finite da tempo e forse non sono mai esistite), dove prevalgono ancora formule algebriche, schemi tattici privi di contenuti, scarsità di idee e di proposte. Al momento non ci sono vie d’uscita e la famosa “rottamazione” di cui qualcuno parla rischia di essere soltanto uno stratagemma fine a se stesso, perché gli scenari attuali hanno cambiato anche il modo di essere classe dirigente e gli schemi attuali non servono più, “soprattutto a sinistra”.

Gian Filippo Della Croce

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