Il Jobs act di Matteo Renzi precarizza senza creare lavoro per i giovani.
I recentissimi dati Istat sull’andamento del mercato del lavoro hanno fatto sì che il Governo e Matteo Renzi si spericolassero in una esaltazione acritica del Jobs act come panacea di tutti i mali.
In realtà i numeri parlano di aumenti contenuti legati agli incentivi previsti per le assunzioni 2015. Infatti il Jobs act rappresenta solo un regalo per le imprese, che potranno assumere risparmiando il costo del lavoro per 3 anni, potendo pero’ licenziare liberamente anche senza giusta causa. Altro che tutele crescenti! Quindi mentre Confindustria esulta i lavoratori hanno perso diritti fondamentali. Questa è la verità nuda e cruda. Inoltre aumenta il tasso di disoccupazione giovanile che torna sopra il 40%.
Questo dimostra che gli interventi del Governo non stimolano le imprese a investire sul futuro.
Se si vuole ricreare lavoro stabile e dignitoso per cambiare verso al paese è necessario inserire nella legge di stabilità incentivi che impegnano le aziende ad assunzioni incentrate sulla occupazione a tempo indeterminato, prevedendo la loro restituzione in caso di licenziamento.
Sul Jobs act comunque la partita è ancora aperta. Non a caso, sulla base di accordi sindacali, molte aziende si stanno impegnando a disapplicare la norma sulle tutele crescenti.
L'Umbria sta pienamente in questo quadro. Infatti nella nostra regione non c’è nessuna inversione reale nella creazione di nuova e buona occupazione. Sta aumentando solo quella precaria, con i voucher e con gli anziani costretti al lavoro con il blocco determinato dalla legge Fornero.
I dati ci parlano di 130mila persone in estrema difficoltà: 39 mila disoccupati, 23mila scoraggiati, 13mila cassintegrati e 55mila lavoratori con contratti estremamente precari.
Il Jobs act non è la soluzione, è il problema. Su questo sarebbe utile che si aprisse una discussione seria anche nella nostra regione, evitando la propaganda, per affrontare i nodi veri che riguardano il presente e il futuro.
Mario Bravi
Sabato
03/10/15
18:03
Nessuna legge è una panacea che risolve i problemi. Una legge disciplina un determinato ambito sociale e/o economico ai fini dell'interesse della comunità che rappresenta. Per legge non si creano né si distruggono posti di lavoro, si può solo favorire o contrastare le tendenze in atto ma niente di più.
Il cds. "Job Act" cerca di favorire la stabilizzazione dei rapporti di lavoro attraverso l'introduzione di una maggiore flessibilità in uscita che offre indubbio vantaggio alla parte datoriale (vantaggio che funge da incentivo ad assumere e/o a trasformare rapporti di lavoro a tempo determinato in rapporti a tempo indeterminato). Considerando che la normativa di tale legge si applica solamente ai nuovi contratti a tempo indeterminato sottoscritti dopo la sua entrata in vigore - come Bravi certamente sa - solo in malafede si può sostenere che "aumenta la precarietà" facendo finta di ignorare che chi sarà interessato da questo tipo di contratto, fino all'entrata in vigore della legge godeva di ancor minori tutele e garanzie, quando non ne godeva affatto (infatti i segmenti contrattuali che più sono stati interessati dalla loro trasformazione nel nuovo "contratto a tutele crescente" sono quelli del "contratto a tempo determinato" e del "contratto a progetto", oltre ai nuovi assunti che essendo precedentemente disoccupati di tutele proprio non ne avevano). Certamente sul recente trend positivo delle assunzioni pesano anche (e forse soprattutto) gli sgravi contributivi offerti per i prossimi tre anni, ma sinceramente è difficile considerare inopportuno o sbagliato tale incentivo considerando il contesto socio-economico in cui ci troviamo (ed il relativo alto tasso di disoccupazione che ha comportato e tuttora comporta). Poi certamente di problemi e criticità ne restano tante, a partire dall'altissima disoccupazione giovanile, ma non è né un Governo (comunque composto) né una Legge (in qualsiasi modo sia formulata) che può risolvere tali problemi prescindendo dal contesto globale nel quale ci troviamo. E francamente che sia un'Associazione, come quella sindacale, che non ha mai applicato le disposizioni dell'ex art. 18 dello Statuto dei Lavoratori ai propri dipendenti (come non lo hanno mai applicato i partiti, incluso quelli di sinistra, ai loro) che pontifica in materia di "precarietà lavorativa " lascia davvero il tempo che trova.