di Jacopo Giombolini

 

Metti una sera a cena, in un ristorante stellato (uno di quelli dove servono gallinacci del Vosgi e gamberi di fiume in vinaigrette di dragoncello e cipolline), Paul Lohman, sua moglie Claire, suo fratello Serge Lohman (futuro primo ministro olandese) e la di lui moglie Babette. Fa che i quattro si siano visti per parlare dei rispettivi figli: Michel e Rick. Adesso ipotizza che l'argomento in questione sia che i pargoli l'hanno fatta grossa... davvero grossa. Immagina che un'aggressione a una senzatetto, iniziata come una goliardata, sia finita in tragedia. Hai pensato che tutto questo potrebbe rimettere in discussione un intero rapporto padre-figlio, quello tra Paul e Michel, basato su un sentirsi vicini e affini, anche per una certa, comune, inclinazione alla violenza? Hai pensato che un'intera utopia di felicità familiare, evocata compulsivamente, per via della fragilità psichica di Paul, potrebbe venire a crollare come un castello di carte, così come anni fa è crollato Paul stesso?

Sì, perché si da il caso che Paul, il nostro protagonista, abbia avuto problemi psichiatrici, ai quali ha dovuto sacrificare la carriera, rimanendo disoccupato. Lo stesso Paul che ci rende partecipi di tutte le sue distorte prassi di educatore e di relazione con l'altro da sé, in special modo quando questo altro da sé abbia avuto l'ardire di mettersi in mezzo tra lui e la sua famiglia felice. Paul è l'uomo medio, della classe media, e proprio per questo ci risulta sgradevole, perché ci ricorda quanta cattiveria attraversa la vita degli uomini medi, della classe media, come noi... quanta cattiveria che cerchiamo di nascondere sotto il tappeto ma che è sempre pronta a rispuntare fuori. Questo romanzo parla, infatti, della violenza della vita di tutti i giorni, della barbarie nel tran tran quotidiano, con meditazioni fatte di humour volutamente dozzinale e a tratti nero, apertamente contrario a qualsiasi forma di politically correct.

Se sommi tutte queste cose ed altro ancora, avrai La Cena di Herman Koch: 286 pagine che si snodano nella dimensione claustrofobica di una cena in famiglia, tra aperitivo e mancia. Difficilmente si può leggere questo libro senza avere la sensazione di un cazzotto nello stomaco, lo stesso che abbiamo avuto, probabilmente, vedendo Carnage di Roman Polański, film che somiglia molto a questo libro (e che invece non è, come si potrebbe pensare, un adattamento del medesimo ma di un'opera teatrale di Yasmina Reza). Film realmente ispirati a questo libro (che non ho ancora visto) sono invece: I nostri ragazzi, di Ivano De Matteo, e The Dinner, di Cate Blanchett.

 

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