di Leonardo Caponi.

Voglio dire la mia sul Festival del giornalismo in corso a Perugia, perchè non condivido l'immagine enfatica che molti (a cominciare dalle istituzioni) ne danno. Intanto, per carità, non mi si faccia la solfa sui vantaggi economici che la manifestazione porterebbe al turismo e alla città, radicato, come sono, nella convinzione che per risvegliare dalla sonnolenza il centro storico, quello urbano e affrontare la crisi delle frazioni, le manifestazioni, anche grandi, ma comunque episodiche, occasionali o distanziate nel tempo, non siano sufficienti. Quanto al contributo culturale, lasciamo perdere. Il Festival del giornalismo è un fatto commerciale; alla sua conclusione (sebbene ogni discussione sia utile) non resta niente. E, soprattutto esso offre del giornalismo una immagine irreale. Intendiamoci, nella infinita congerie di dibattiti che costituiscono il suo programma (e dove spiccano i "grandi" nomi o presunti tali, che, immagino, sono lautamente retribuiti per tenere le loro conferenze, le quali debbono avere un ritorno) si trova tutto e il contrario di tutto, affastellati però in incontri, spesso anche ripetitivi, per orientarsi tra i quali non è cosa agevole.
Ma il fatto è che l'editoria e il giornalismo sono rappresentati in chiave moderna o post moderna che ne costituirebbero oggi l'elemento caratterizzante, in un mondo dinamico e futuribile, affascinante e aperto per e ai giovani. 
L'elemento caratterizzante oggi, è la crisi. La carta stampata sta avviandondosi, apparentemente, verso la scomparsa. Nel giro di pochi anni hanno chiuso centinaia di testate locali (anche tv e web) e anche i grandi giornali sono stati investiti da gravi crisi che (anche, forse soprattutto, per colpa degli editori) hanno provocato il licenziamento di migliaia di giornalisti. Oggi, l'informazione (anche quella televisiva e dei network) non è fatta dalle moderne tecnonologie, dai contrattualizzati (rimasti molto pochi) o, tanto meno, dai grandi nomi , ma da una folla di giornalisti precari e freelance, in gran parte dei casi retribuiti al di sotto della decenza (un articolo può essere pagato 2,5 euro?). Probabilmente l'INPGI (la cassa previdenziale dei giornalisti) sarà trasferita all'INPS, perchè sta saltando per aria. I danni per democrazia sono stati pesantissimi. Nel contempo mega imprese editoriali multinazionali e i giganti del web e della rete dominano incontrastati e, in una situazione di liberalizzazione e deregolamentazione totale determinata dalla assenza di legislazioni nazionali o sovranazionali, accumulano patrimoni liquidi e immobili enormi, evasione fiscale, fondati sulla sottomissione e complicità dei governi e la precarizzazione salvaggia del lavoro.
C'è infine un altro punto, contestuale e più importante: l'esistenza di una informazione imbavagliata e resa schiava dall'ideologia dominante liberista fondata su unilateralismo, menzogne, ignoranza e superficialità. 
Di tutto questo al Festival del giornalismo non c'è traccia o, se c'è, del tutto marginale. Per questo, non mi piace.

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