da Cannibali e Re

“Dobbiamo rimuovere questa gente per preservare la popolazione tedesca.(…) La degradazione della razza e del sangue è il peccato mortale di questo mondo e la fine dell'umanità che vi si abbandoni.”

Così parlava Adolf Hitler. 
Bisogna sempre stare molto attenti a fare parallelismi tra epoche storiche e personaggi molto distanti tra loro. 
Eppure certe dichiarazioni pubbliche degli ultimi giorni ci sono sembrate pericolosamente familiari. 
Parole che già troppe volte sono sibilate nell’aria, parole che hanno già strisciato sottotraccia, parole che prima o poi sapevamo sarebbero risalite in superficie con il carico pesante che si portano appresso. 
Perché chi rivanga certi concetti, chi usa determinati linguaggi sa molto bene a cosa far riferimento, conosce gli istinti da solleticare, le paure da accarezzare, l’odio da rinfocolare. 
E le giustificazioni che seguono, sono ancora parte di quel cliché che si sta recitando. 
Un cliché che per quanto ci riguarda dovrebbe trovare la condanna unanime di chi conosce la storia, e le sue vicende più terribili. 
Sarebbe bello che il mondo accademico prendesse le distanze da certe aberrazioni denunciando con forza il terribile e pericoloso vento razzista e negazionista che spira nel nostro paese. 
Ma forse non sono più i tempi in cui professori emeriti come March Bloch, o giovani studenti che sarebbero diventati grandi storici, come Raimondo Luraghi, entravano nella Resistenza dei propri paesi, e magari, come accaduto a Bloch finivano per essere torturati e giustiziati dalla Gestapo. 
Oggi, il più delle volte manca anche solo il coraggio di censurare pubblicamente certe deliranti prese di posizione. Perché chissà che i difensori della razza odierni non siano i ministri dell’università di domani.
Noi dal canto nostro invece ribadiamo quello che già tante volte abbiamo detto.
Finché ci saranno barriere, confini, finché ci saranno istituzioni che costruiscono consenso e sopravvivono sulle divisioni che esse stesse operano all’interno della società, ebbene allora il rischio di precipitare in certi pozzi neri della storia continuerà a ripresentarsi. 
Le razze, le etnie, le nazionalità perfino, sono solo comunità immaginate. 
Comunità che qualcuno intende legare a precisi stereotipi, indispensabili a rifocillare quei sentimenti di odio, di paura, di risentimento su cui guadagnare facili consensi. 
Per noi invece esiste ed esisterà sempre e solo soltanto l’umanità.
E dentro l’umanità gli oppressi, dalla cui parte stiamo indipendentemente dal gruppo, vero o presunto, a cui appartengono.

 

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