di Tommaso Fattori.

Diciassette anni fa un milione di persone sfilava pacificamente per la città, a conclusione del primo Forum Sociale Europeo. I treni speciali stavano continuando ad arrivare alla stazione centrale e la coda del corteo doveva ancora partire quando la testa era già giunta da tempo a Campo di Marte, nell’area del concerto finale.

Assieme a sessantamila delegati provenienti da tutto il continente avevamo discusso per tre giorni, alla Fortezza, il progetto di un’altra Europa. Se le nostre proposte di allora si fossero tradotte in politiche, oggi l’Europa non sarebbe immersa nella profonda crisi in cui si trova. Chiedevamo una Costituzione continentale che avesse al cuore un nuovo welfare universale e diritti sociali, che impedisse il dumping fra gli stati membri. Chiedevamo la democratizzazione delle istituzioni europee, la riscrittura dei trattati, una BCE prestatrice di ultima istanza il cui primo obiettivo fosse il contrasto della disoccupazione, la mutualizzazione del debito, la riduzione del potere e delle dimensioni del settore finanziario e l’introduzione della tassa sulle transazioni finanziarie. Discutevamo di salario minimo, di reddito di base europeo, di nuova finanza pubblica e allo stesso tempo di pace e antirazzismo.

Parlavamo di beni comuni e servizi pubblici mentre un coro quasi unanime inneggiava alle privatizzazioni e glorificava le magnifiche sorti e progressive dei mercati, a partire dal più puro fra essi, quello finanziario. Lo abbiamo fatto imponendo per anni la nostra agenda nel dibattito pubblico, di fronte ad un centrosinistra che si rivelò sordo e incapace di cambiare natura, avviandosi verso l’abbraccio definitivo con il liberal-liberismo, il competitivismo e il darwinismo sociale.

In quegli anni abbiamo gettato i semi di quel che si è sviluppato in seguito, in mille forme: dalla difesa dei beni comuni e dei servizi pubblici, che ha portato al vittorioso referendum sull’acqua del 2011, fino alle battaglie per il clima e la biodiversità, le energie rinnovabili e il superamento della (in)civiltà del petrolio. Nacque allora il primo movimento globale per la giustizia climatica. Se oggi è finalmente scontato porsi come obiettivi l’economia circolare e “rifiuti zero”, lo dobbiamo alla semina di quel movimento. E il nostro slogan del 2001 “voi G8, noi 6 miliardi” è, a ben vedere, la radice di “noi 99%, voi l’1%”, lo slogan di Occupy Wall Street e degli Indignados.

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