Crisi industriali in Umbria: "Serve un Progetto Politico"
I dati della Cgil sull’occupazione in Umbria devono far riflettere il mondo politico e spingerlo a dare risposte certe che rispondano nell’immediato, ma che forniscano anche indicazioni per il prossimo futuro. Se gli interventi correttivi si differenziano a seconda delle caratteristiche dell’impresa, i principi attuativi restano costanti. Mi riferisco al ricorso alla ricerca e all’innovazione, resasi ormai una costante per ogni azienda che intenda consolidarsi nei moderni mercati. I processi produttivi che scaturiscono da una costante attività di ricerca e da un’intelligente innovazione, sono alla base della continuità e del futuro dell’impresa. Un’azienda oggi opera in clima di costante competitività sul mercato nazionale, ma soprattutto su quello internazionale. Dotarsi delle opportune tecnologie e di personale specializzato non è un optional, ma una necessità, senza la quale ogni attività è destinata a esaurirsi in poco tempo.
Da qui deriva l’irrinunciabile scelta della formazione continua, dell’educazione permanente, dell’aggiornamento continuo dei saperi, dell’arricchimento delle conoscenze per sostenere il confronto quotidiano in un mercato che è diventato globale e che si perfeziona in ogni realtà geografica operando con gli stessi ritmi.
E’ una lotta che non concede soste e che deve “inventarsi” strumenti sempre nuovi per superare la concorrenza. La Scuola è chiamata ad un compito primario: abituare gli allievi a condividere i problemi aziendali, vivendoli nel corso di stage sistematici; preparare i lavoratori del futuro, consapevoli delle difficoltà che un’impresa può incontrare, individuare così le misure da intraprendere, partecipando agli obiettivi aziendali. Non c’è più spazio alla nascita di imprese per caso, così come non ce n’è per industriali naif. Un’azienda oggi è la sintesi di una scelta politica prima; quindi di formazione tecnologica e scientifica; poi di mercato e di concorrenza, dove la parte più rilevante la gioca la ricerca e l’innovazione.
I costi per sostenere l’impegno possono essere ripartiti fra aziende di un medesimo territorio attraverso una rete e con la possibilità di attingere a dati utili per dar vita a linee difensive o aggressive dei mercati in cui si opera. La natura industriale delle aziende in Italia è caratterizzata da piccole e medie imprese. Soprattutto da piccole, esposte più delle grandi ai venti della competizione e a maggior rischio di vita breve. E’ su questi fronti che la politica deve impegnarsi, sia a livello nazionale che locale, sapendo che la lotta fra operatori industriali ed economici sarà sempre più agguerrita e impietosa.
Competitività e rischio per la salute dei lavoratori hanno troppo a lungo rappresentato un ostacolo allo sviluppo. Nessuno può rinunciare a principi che difendono l’incolumità degli operatori nei luoghi di lavoro. Auspico una cultura della sicurezza che parta dal rispetto dell’uomo e della sua dignità, consapevole che alla sicurezza bisogna essere educati, conoscere gli aspetti che la costituiscono, impegnati a trasmetterli dopo averli messi in pratica.
I periodi di crisi, come quello che stiamo vivendo, con l’aumento della Cassa Integrazione, non sono certo i migliori per concentrarsi su ambiente e sicurezza, ma lo sono sicuramente per riprogrammare scelte di politica aziendale utili a ripristinare i valori etici cui un’attività deve ispirarsi.
Il tema occupazionale richiede un nuovo Patto territoriale per l'Umbria, dando priorità all'Università, alla Direzione Scolastica regionale, alle parti sociali (sindacato) e alle Associazioni datoriali (Industriali, PMI etc.). Un patto che restituisca fiducia ai giovani e getti infine le basi di un futuro migliore. Tutto questo deve rientrare nel progetto politico e nelle politiche attive del lavoro. Su queste basi deve orientarsi l'agenda politica del territorio, avvertendo le indicazioni sociali e attivandosi per immettere nel sistema occupazionale le misure adeguate a rimuovere gli impedimenti. E’ su questa linea che si sta muovendo l’Associazione E. Berlinguer, assicurando a giovani e a lavoratori l’impegno a contribuire ad una crescita organica del nostro territorio.
Giocondo Talamonti,
Associazione Politico-Culturale "Enrico Berlinguer"
Sabato
29/08/15
17:04
Le valutazioni dello stimato Talamonti dimostrano quanto sia distante il mondo della politica dalla realtà. D'altro canto una analisi del contesto deve essere necessariamente fatta da chi sta immerso fino al collo nei problemi quotidiani di una qualche realtà produttiva e non da chi studia di problematiche teoriche, il cui contributo comunque va valutato costruttivamente, ma assieme alle prime.
Leggo tra le tante affermazioni: "Un’azienda oggi opera in clima di costante competitività sul mercato nazionale, ma soprattutto su quello internazionale. Dotarsi delle opportune tecnologie e di personale specializzato non è un optional, ma una necessità, senza la quale ogni attività è destinata a esaurirsi in poco tempo."
Ma se è una necessità allora perché una impresa oggi non può licenziare i lavoratori obsoleti e sostituirli con giovani competenti ed aggiornati e quindi competere ad armi pari con chi invece può farlo?
Leggo anche affermazioni di principio prive di contenuti operativi, quali ad esempio:"Il tema occupazionale richiede un nuovo Patto territoriale per l'Umbria, dando priorità all'Università, alla Direzione Scolastica regionale, alle parti sociali (sindacato) e alle Associazioni datoriali (Industriali, PMI etc.). Un patto che restituisca fiducia ai giovani e getti infine le basi di un futuro migliore."
Un patto tra forze politiche che hanno guardato mente si sviluppava la crisi doverebbero ora trovare la ricetta per fare ciò che non sono fino ad ora riuscite a fare?
A mio avviso, invece la ricetta per contenere gli effetti della crisi é semplice (anche se le origini di questa crisi andrebbero meglio comprese e non subite, perché sembrano pilotate).
Per produrre lavoro e alimentare l'economia, non bisogna aiutare i lavoratori che lo eseguono, ma piuttosto gli imprenditori che se lo producono.
Bisogna capire che l'imprenditore svolge una importante azione sociale, appunto quella di creare lavoro, seppure lo faccia per guadagnarci sopra e aiutare chi investe per realizzare progetti (innovativi o meno) senza criminalizzarlo perché se l'Italia perde i suoi imprenditori e artigiani, allora non resteranno che i Lavoratori... senza lavoro e naturalmente le migliaia di dipendenti pubblici che nessuno ha il coraggio di toccare sebbene e inutili e improduttivi, proprio come sta accadendo con le attuali politiche governative.
Chi investe sono solo due soggetti: il privato o il pubblico.
Allora si creino le condizioni per favorire la nascita di attività imprenditoriali (ovvero si diano aiuti ai "dipendenti" perché divengano "imprenditori" aiutandoli a intraprendere una qualsiasi nuova attività, sotto forma di finanziamenti, meno tasse, terreni, meno burocrazia ecc)e si gioisca se poi si arricchiscono e non li si puniscano per la loro capacità, con tasse e balzelli che li disincentivano, se non addirittura li costringano a cambiare paese e lo Stato.
Lo Stato investa massicciamente in opere pubbliche possibilmente che generino indotti virtuosi e utili da reinvestire per le imprese che li realizzano, senza ritardare i pagamenti.
Il lavoro per i giovani o anziani che dovranno realizzare questi progetti viene da se.
Gli incentivi alla ricerca, alle università o alla occupazione sono aspetti secondari se manca il promotore di ogni iniziativa imprenditoriale.
Invece il patto territoriale tra gli stessi soggetti che fini ad oggi non sono riusciti a prevedere e gestire un bel nulla é invece inutile... anzi....
La regione ha un governo... e allora governi in una ottica lungimirante e si assuma la responsabilità delle sue decisioni, senza concordarle con altri che hanno diverse prospettive, solo perché non gliele possano contestare qualora poi si rivelassero errate.
Col dovuto rispetto.
Sabato
29/08/15
22:00
Condivido ogni singola parola dell'intervento dell'Ing. Ceci (che ringrazio per la franchezza e la chiarezza espositiva).
E' davvero scoraggiante constatare che tra il mondo della politica (specie quella che ama auto-definirsi "di sinistra") e la realtà vi sia un tale (quasi incolmabile) iato.
Sarebbe davvero ora che invece di cimentarsi nell'ennesimo (e sostanzialmente inutile) patto la classe dirigente politica e sindacale che dal dopoguerra governa questa regione comprendesse che è ora di un suo profondo ricambio.
Col dovuto rispetto.