Crisi del Giornale dell'Umbria: certo bisognava mettersi d'impegno per creare questo siderale pasticcio. Non era facile fare tanti danni così e in così poco tempo. Un record mondiale di dabbenaggine, da Oscar dell'insipienza. La triade Incarnato-Giacumbo-Ghezzi (gli autoproclamati supermanager arrivati con tanta prosopopea, supponenza e frasi altisonanti che a leggerle oggi sembrano maschere di un film di Verdone, con i supermanager dimostratisi nanimanager, anzi nanissimi manager) che fa default in 4 mesi ma, tartufescamente, cerca di scaricare le proprie responsabilità su ogni dove (e con qualcuno che continua a fare promesse, come se i guai procurati non bastino, tanto che lo propongo per una parte ne "Le baruffe chiozzotte"). Il tutto, in questo quadro di manager all'amatriciana, con il valido supporto di Luigi Camilloni, il presunto direttore che nella commedia andata in scena ha brillato per recitazione, producendo indimenticabili "cammei" che hanno dato al film quel tocco irresistibile di amara ilarità, svagata e lunare.
Mi viene in mente un bel libro di Luigi Zingales, "Salvare il capitalismo dai capitalisti". Leggetelo e capirete molte cose utili. A cominciare dalla speranza che i nanimanager si levino di torno da questa regione, dopo aver dimostrato quello di cui sono capaci. Vadano a fare questi atti eroici altrove. State certi che, anche altrove, di sicuro non li dimenticheranno. Come non li dimenticheremo noi. Tutti e quattro sono il simbolo di un'Italia che, per il bene di tutti, vorremmo veder scomparire, o almeno messa in condizione di non nuocere. Almeno, di non nuocere più. Con tanta pace di presunti "accrediti" verso il Governo nazionale, così sbandierati - con tanto di telefonate al suono di "caro", "carissimo", "amico mio" e altre amenità da Repubblica delle banane - da apparire l'ultima ciliegina di comicità involontaria, al pari delle pose manageriali (la postura costipata, le mani che si allungano lievi a liberarsi dalla presa dei polsini come hanno visto fare in qualche convention, il ditino che ripetutamente si posa tra gargarozzo e collo della camicia per allargare la stretta, tanto da chiedersi perché non se ne comprino di una misura più grande). Tutti gesti tesi a impressionare interlocutori che, per la maggior parte, salvo inevitabili eccezioni, li hanno invece giudicati per quello che sono, ossia delle guasconate di scarso gusto e di basso stile. Una parte della commedia, forse inscenata per impressionare (e provare a strumentalizzare) gente ritenuta "di provincia".
Roba da commedia all'italiana. Pietro Germi ci avrebbe fatto un film, da ridere e/o da piangere. Chissà che Verdone, per scegliere esempi su cui calibrare le sue nuove maschere, non ci stia facendo un pensierino. Anzi, sapete che faccio? Gli faccio avere queste riflessioni. Chissà...

Post Scriptum

Sempre sulla crisi del Giornale dell'Umbria: e poi, visto che siamo in vena di confidenze, ho notato che c'è stata una certa riluttanza a presentare il quadro completo di coloro che hanno gestito il giornale in questi 4 mesi, trasformandolo in un Golgota. Ma sul Golgota erano crocifissi in tre, mica uno solo. Qui siamo addirittura a 4 personaggi. Perché citarne uno solo? Tanto lo sanno tutti che sono 4 e il tentativo di fare la "foto" solo a uno non convince e appare una strumentalizzazione. Le ombre degli altri nella foto si vedono, eccome se si vedono. E quelle ombre sono forse addirittura più inquietanti, e infide, dell'unica "foto" che si cerca disperatamente di isolare. Un po' come quando Stalin fece cancellare la sagoma di Trotsky da tutte le foto ufficiali. Ma la "patacca", il falso storico, emerge chiaramente. Perché si faccia così, "ciascun lo dice, ognun lo sa". Ma rende meno credibili certe battaglie portate avanti nel nome della verità e della trasparenza, facendo trasparire un "non detto" che le depotenzia e dal quale sale odore di "tartufo".

Giuseppe Castellini

Questi interventi sono stati pubblicati sulla pagina facebook dell'ex direttore de Il Giornale dell'Umbria: https://www.facebook.com/giuseppe.castellini.10
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