di Paolo Felici

 

Qualche volta conviene fare manovra, invertendo completamente la direzione intrapresa, anche se sembra troppo tardi, soprattutto quando continuare significa forse risparmiare, ma perdere l'anima.

    I nostri pregiati centri storici sono un po' come la “sora Camilla”, che “tutti la vogliono ma nessuno se la piglia”. Il centro storico italiano è un tesoro riconosciuto che noi preferiamo non avere in proprietà. Lo vogliamo solo vedere per qualche oretta a settimana, ma lasciamo volentieri i vantaggi, pochi, e gli oneri, tanti, del possesso a qualcun altro. Nel nostro Paese quando ci si passa una patata bollente, alla fine, questa, si ferma nelle mani di un solo soggetto, l'unico che può veramente aspettare che questa si raffreddi: lo Stato. E fin qui, concettualmente, niente da eccepire, in quanto se a tutti interessa godere delle bellezze architettoniche, storiche, artistiche di un nucleo storico, senza esserne proprietario esclusivo, lasciamo che questo lo gestisca il consorzio di tutti i cittadini di una nazione, che a maggioranza decide. Benissimo. Ho esagerato, il commento giusto è “benino”. Il patrimonio di un nucleo storico è in realtà troppo vasto per essere consolidato e manutentato completamente a spese della collettività. Alla fine quello che si è realizzato è sotto gli occhi di tutti: i centri storici si sono svuotati dei residenti e si sono trasformati in una sorta di bronx. Una volta mi è capitato di giungere in una città del nord in tarda sera; non avendo preso l'albergo proprio nelle vicinanze mi sono avviato a piedi. Ebbene ho avuto paura; la soglia che mi ha condotto alla reception mi è sembrata per un momento come la porta di un monastero per un fuggiasco e il portiere l'abate.

    La direzione intrapresa ha avuto questo input: “tutto è inviolabile e immodificabile”. Si è di fatto violata una regola non scritta, per cui si è in realtà sempre modificato l'esistente adattandolo alle esigenze dell'epoca. Nei palazzi storici la bellezza sta anche nei segni delle passate trasformazioni, nel segno sedimentato del passaggio del tempo. La direzione intrapresa ha avuto tale conseguenza: via le attività, via i servizi, via i residenti, dentro gli spacciatori.

 

Un passo per ricostruire

    La politica di riavvicinamento di questi anni ha puntato alle grandi manifestazioni allestite nei centri storici, consacrandoli in tal modo a contenitori vuoti da riempire. E' stato un fallimento. Come in un teorema matematico proviamo a percorrere la direzione al contrario, dal risultato, scopriamo l'input corretto: via gli spacciatori, dentro i residenti, dentro i servizi, dentro le attività, che significa “modificare ciò che serve adattandolo ai tempi; vincolando, ristrutturando e valorizzando i luoghi di importanza artistica e l'impronta edilizia e urbanistica del centro storico”. Ho bestemmiato? Va bè, ormai l'ho detta.

 

 

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