di Roberto Bertoni.

Caro Matteo Salvini,
lei pensa di avere il vento in poppa e, in effetti, con il clima che si respira in Italia e in Europa e i sondaggi che accreditano la sua Lega di essere il primo partito, addirittura sopra al M5S che vi aveva doppiato appena tre mesi fa, ha le sue buone ragioni di sentirsi il dominus di questa fase politica. Tuttavia, non è così. Proprio come il suo predecessore, l'altro Matteo, quello toscano del PD, non è mai stato il signore e padrone di questo Paese. Lui sì è illuso di esserlo e le illusioni, si sa, talvolta giocano brutti scherzi. Per circa due anni, complice una stampa che ha avallato tutte le sue sparate e reso impossibile ogni confronto dignitoso e civile all'interno del Partito Democratico, il nostro eroe fiorentino ha pensato di poter dire e stradire, fare e strafare, di poter mutare gli equilibri sempre a suo favore e di poter calpestare la dignità e le prospettive di chiunque coltivasse un disegno diverso. È finito come sappiamo: sconfitto, solo e abbandonato da tutti, a cominciare dagli elettori, eccetto una schiera di pretoriani che gli deve la propria carriera politica e che senza di lui, in molti casi, non brillerebbe di luce propria nemmeno sotto i riflettori dell'Olimpico.
Caro Salvini, se lo lasci dire, lei si sta avviando sulla stessa strada, e il finale ho l'impressione che non sarà dissimile. Lei sta palesemente esagerando, anche più del suo predecessore, in quanto Renzi aveva infiniti difetti ma, quanto meno, non ha mai chiuso i porti, non ha mai annunciato di voler censire i rom (l'ultimo a censire un'etnia era stato Mussolini il 22 agosto del '38, in qualche modo imitato dal suo illustre collega Maroni che voleva prenderne le impronte digitali dieci anni fa) e, soprattutto, non si è mai trasformato in un megagalattico imprenditore della paura e della rabbia, sentimenti da maneggiare con molta cura, soprattutto quando si è sulla cresta dell'onda e si ha a disposizione un potere di notevole entità.
Caro Salvini, lei sta tracimando e, prima o poi, andrà a sbattere contro le sue stesse esagerazioni. Perché vede, diceva Abraham Lincoln che si può ingannare un uomo per sempre e tutto il mondo una volta ma non tutto il mondo per sempre, e anche l'euforia legata alla nascita di questo governo e la fisiologica luna di miele di cui tutti gli esecutivi appena nati godono agli occhi degli elettori, in autunno, quando bisognerà fare i conti con le asprezze di Bruxelles sulla Legge di Bilancio, inizieranno a venir meno.
Caro Salvini, lei può gridare quanto vuole, battere i pugni quanto le pare, può chiudere i porti e mostrare il volto feroce di un Paese oggettivamente in preda al rancore e disposto persino ad avallare proposte contro le quali un tempo si sarebbe rivoltato, lei, insomma, può anche sentire la brezza del potere che le sfiora il viso e assaporare il profumo della vittoria a un passo, ma si ricordi che questo consenso è effimero. Si ricordi che ormai non esistono più quelle che l'Avvocato Agnelli chiamava le "fedeltà generazionali" e che, almeno in democrazia, sistema che sicuramente sta a cuore anche a lei, anche i leader apparentemente più solidi possono cadere da un giorno all'altro. Se in Germania traballa persino la signora Merkel, capirà da solo che stiamo vivendo una fase eccezionale della nostra vita pubblica: eccezionale ed eccezionalmente tragica.
Caro Salvini, lei ha perso perché crede di essere in sintonia con il comune sentire di milioni di persone ma non è così. Noi siamo il Paese che, pur non essendo presente ai Mondiali, sta trascorrendo pomeriggi e serate ad assistere alla meraviglia di nazionali multietniche che si sfidano a colpi di giocate e gol. Siamo il Paese che ammira i propri campioni al di là del colore della pelle. Siamo il Paese che manda i figli in Erasmus o in vacanza-studio. Siamo il Paese della Sicilia che accoglie e spalanca le proprie braccia agli ultimi del mondo. Siamo un Paese senza sinistra e senza opposizione, questo purtroppo sì: da qui i suoi successi e il fatto che lei si sia potuto presentare all'opinione pubblica come una sorta di paladino degli oppressi, quando altro non è che un amico intimo di quei sovranisti che vogliono sfasciare l'Europa per rinchiuderci nel recinto di piccole patrie insignificanti ad esercitare una sovranità fasulla e anacronistica, in una fase storica nella quale bisogna competere con Stati grandi come continenti e con una crescita demografica esponenziale.
Caro Salvini, lei fa propaganda, solo propaganda, senza esercitare per un istante l'attività di governo che pure le competerebbe. Continua ad andare in giro da segretario di partito, con il simbolo della Lega alle spalle o sul bavero della giacca, fornendo una pessima immagine, se considera che avrebbe il dovere non dico dell'imparzialità ma quanto meno della rassicurazione nei confronti di tutti gli italiani, compresi quelli come me che nulla hanno a che spartire con le sue idee e la sua visione del mondo.
Lei, al contrario, è il ministro di una parte politica e non di tutti gli italiani, il che costituisce un vulnus gravissimo, oltre a denotare una carenza di cultura di governo che, purtroppo, non è una sua peculiarità in questa tristissima stagione che ci è dato vivere.
Tuttavia, le ripeto, lei è uno sconfitto che non sa di esserlo. Lei potrà continuare a cavalcare i risultati elettorali che sta conseguendo e andare avanti ancora per qualche mese, potrà continuare a seminare terrore a dritta e a manca ed esercitare azioni di forza che non le fanno onore e indeboliscono in maniera spaventosa l'immagine dell'Italia nel mondo. Lei potrà seguitare ad annunciare, a sbraitare, a querelare Saviano, a non darsi pace e a girare come una trottola su e giù per la Penisola, alzando sempre di più i toni fino a rendere pressoché impossibile la nostra convivenza civile. Lei potrà fare tutto questo e siamo sicuri che lo farà ma perderà lo stesso. Perderà perché i suoi annunci e le sue trovate, quando non sono palesemente incostituzionali, sono comunque inconcludenti. Perderà perché il suo cattivismo finirà con avvelenare i pozzi al punto che nessuno si salverà, nemmeno lei e il suo partito, dalle tossine messe in circolazione. Perderà perché non ha alle spalle un impianto culturale e politico sufficientemente robusto, tale da supportare il suo fragoroso entusiasmo e la sua futuristica volontà di potenza. Perderà perché non riuscirà, in questo modo, a governare alcunché: al massimo, eserciterà il potere, fino a quando il potere non si trasformerà in quella che Danre chiamava l'onda che "sul capo al naufrago s'avvolve e pesa". Ah, a proposito di naufraghi: anche questa violenza verbale e queste smargiassate nei confronti dei migranti, prima o poi, le si ritorceranno contro perché gli italiani avranno mille difetti ma non sanno rimanere impassibili al cospetto di stragi come quella di Lampedusa e simili. Li si può abbrutire quanto si vuole ma un minimo di umanità la manterranno sempre: fa parte del nostro DNA.
Caro Salvini, lei ha già perso perché non ha capito con chi ha a che fare. Non ha capito che il nostro sarà pure un Paese sgangherato e in ginocchio ma è comunque un Paese in grado di dare il meglio di sé quando le cose vanno male. È sempre accaduto, accadrà sempre. E a lei non rimarrà che qualche ondata di lepenisti al baccalà che continueranno ad applaudirla e ad incitarla: gli stessi che ieri minacciavano la secessione e oggi straparlano di una presunta primazia italiana.
Non sono certo rivolti a lei, ci mancherebbe altro; fatto sta che quel genio del poeta romano Trilussa, quasi un secolo fa, scrisse dei versi che chiunque assuma un incarico di governo farebbe bene a leggere con attenzione, se non altro per non prendersi troppo sul serio: "Da quel'artezza nun distingui mica / er pezzo grosso che se dà importanza: / puro un Sovrano, visto in lontananza, / diventa ciuco come una formica. / Vedi quela gran folla aridunata / davanti a quer tribbuno che se sfiata? / È un comizzio, lo so, ma da lontano / so' quattro gatti intorno a un ciarlatano".

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