Al Quasar si balla ancora
di Renzo Massarelli
Corciano, con le sue case tutte rifatte con la pietra a vista, guarda senza alcun imbarazzo la valle dove continua a crescere la sua zona commerciale. Il paese domina le ultime appendici degli Appennini, è qui che si perde il paesaggio umbro, con i suoi boschi di lecci. Poi si comincia a riconoscere la Toscana e le sue colline dal profilo più dolce e affusolato. E' lì, proprio sotto Corciano che il paesaggio traccia la sua linea di confine naturale, è lungo la strada che porta verso il Trasimeno che l'Umbria è meno Umbria ed è qui che continua a crescere un altro lago fatto di tettoie, vetro e cemento, l'acqua stagnante del consumismo umbro, il più grande agglomerato di capannoni di tutta la regione. Una volta le chiamavano zone industriali ma oggi si produce molto poco. Si vende, invece, si vende di tutto nei grandi store del nostro tempo senza memoria e senza progetto.
E' qui che è rinato il Quasar dei nostri verdi anni settanta, il sogno celeste della nostra modernità, la discoteca dove tutto era grande e nuovo e che ci indicava la via delle stelle, il nostro domani pieno di luci. Il Quasar, in fondo, non ha fatto altro che nobilitare con le sue musiche di un'epoca ormai lontana una delle più massicce speculazioni fondiarie della nostra regione nella valle che tocca Perugia, Corciano e Magione prima di collassare su se stesso, come una stella nova.
Se torniamo oggi in quel luogo del passato possiamo entrare nella macchina del tempo e scoprire che il Quasar c'è ancora. Solo che si può ballare sotto luci senza calore, in corridoi che ci disorientano. Dove siamo, al Gherlinda, all'Ipercoop, all'Emisfero? Questi spazi così freddi e anonimi non si fanno riconoscere e la sensazione è quella di trovarci in un luogo che somiglia a tanti altri luoghi già conosciuti, già frequentati, già, in fondo, consumati. E' come non fossimo mai usciti da queste cattedrali dalla stessa luce e dallo stesso odore.
Il mondo dei supermercati è ormai senza più idee e il valore aggiunto è solo quello del gigantismo. Come nelle grandi savane il grande mangia il piccolo che aveva a suo tempo mangiato quello più piccolo di lui. Per costruire questo nuovo tempio del commercio dove c'è tutto e quasi nulla di nuovo hanno speso cento milioni. In Umbria una cifra simile non si investe in nessuna azienda industriale. Alle acciaierie di Terni dove si produce la fetta più cospicua della ricchezza umbra cento o magari anche duecento milioni vengono spesi seguendo un programma diluito negli anni. Che peccato buttare tanti soldi dentro il cratere di un vulcano che brucia ricchezza e produce, alla fine del suo ciclo, i consueti rifiuti. Perché costruiscono ipermercati nel tempo dell'austerità e della crisi? Perché espongono questi coloratissimi bouquet di frutta, bellissima e invitante come la mela di Eva, quando la maggioranza delle famiglie, di fronte al prodotto, guarda prima di tutto il suo prezzo dovendo scegliere, alla fine, quello più basso? Al Quasar Village, ci dicono, offrono la qualità e un pezzetto del mulino bianco della nostra infanzia, cioè alcuni prodotti freschi di laboratorio. In questa grande corsa verso il consumo che non cresce vincerà il più forte, guadagneremo qualche posto di lavoro da una parte per perderne qualcun altro da qualche altra parte, ma non faremo un solo passo in avanti. Non saremo né più ricchi né più felici ma solo più soli e disincantati, un po' persi nei sentieri della vita così come ci capita nei grandi corridoi senza identità, nei non luoghi di queste cattedrali che odorano di formaggio e di detersivi. A Corciano, intanto, si chiedono dove costruire altre strade e altre rotonde per far fronte al traffico di quindicimila persone al giorno, come bruciare altro territorio e incassare nuovi tributi. Nelle zone commerciali lo spazio è il valore aggiunto di ogni cosa e qui non si butta via nulla, come nella lavorazione del maiale. Quindi, solo strade, parcheggi e recinzioni per le cattedrali del consumo. Per questo si deve occupare ogni terreno rimasto vuoto mentre le insegne fanno l'occhiello a quelle vicine. Tutto si regge così, in questo labirinto. Al Quasar si balla ancora quando la musica è finita da un pezzo.
Lunedì
29/09/14
20:27
La sua lettura mi sembra retorica. Il gruppo della cooperazione "rossa" che ha costruito il Quasar è la prima azienda umbra per fatturato, le acciaierie sono seconde. Sei delle prime 10 aziende per fatturato in Umbria sono della distribuzione prodotti. Due sono del settore edilizia-cemento, la decima è moda. Come vede il Quasar non nasce in un "deserto", ma da tempo emergono strategie commerciali che hanno trovato, proprio nello scenario politico umbro, un solido supporto e, sicuramente, clienti a cui vendere. E ora aspettiamo altre due o tre grandi catene, ben note. Gli Umbri sono tra i vertici, in Italia, per acquisto di beni di consumo, quindi gli ipermercati hanno terreno fertile. Non a caso sono aziende e guardano i bilanci. Quindi sarebbe meglio che lei si interroghi su quale modello di sviluppo, la "sinistra di governo", ha lasciato a Perugia e all'Umbria. Lei parla di AST e il lavoro deve essere difeso, ma un'acciaieria si porta dietro il suo costo energetico ed ambientale, anche in termini di rifiuti da smaltire e micro particolato sottile. L'Umbria può reggere i costi ambientali ed energetici di una acciaieria, che paghiamo anche noi tutti col prelievo in bolletta? L'acciaieria nacque a Terni proprio perché, allora, a Terni c'era il bacino idroelettrico più grande d'Europa, ora le condizioni sono profondamente diverse e l'Italia è una "cenerentola" nel grande scenario mondoale dell'acciaio. Io credo che siamo disincantati non perché ha aperto l'ennesimo centro commerciale, per comprare l'ennesimo smartphone, ma perché molti nostri connazionali non trovano risposte per il futuro loro e dei loro figli e nipoti. Guardo che cosa succede a Gaifana! I sindacati hanno firmato a favore dell'accordo con la JP e l'azienda vende macchinari che fanno gola all'estero, è questa la grande industria italiana?