Jo Tuckman - 19 agosto 2012 - Mexico City - The Guardian

Esteban Volkov ricorda il ritorno a casa da scuola, quel lontano 20 agosto di 72 anni fa, quando gli assassini di Stalin colpirono duramente la sua famiglia a Città del Messico.
Notata un’insolita attività fuori la casa che condivideva con il nonno Lev Trotsky, "Ho sentito un’ansia crescente che diventava paura", dice Volkov, ricordando quel giorno, quando scopre che suo nonno era stato colpito alla testa con una piccozza. La tragica conclusione della lunga campagna di Joseph Stalin per assassinarlo.
"Essere ancora fortunati, per noi, sarebbe stato sfidare le leggi della probabilità. Sarebbe stato  sfidare la matematica."

Quel pomeriggio - 20 agosto 1940 - Volkov entrò nel giardino, passando vicino ad una guardia che agitava la pistola, vide l'assassino in un angolo, picchiato dalla polizia. In casa, trovò suo nonno ferito a morte sul pavimento, prima di essere cacciato via.

Mentre la vita scivolava via, il fondatore dell'Armata Rossa, diventato una spina nel fianco del regime di Stalin, era riuscito a dare un ordine per evitare che il nipote si avvicinasse troppo alla scena sanguinosa.

“La sua è stata una vita completa”, l’ottantaseienne Volkov dice così, riassumendo ciò che significava tutto per lui. "L'ha dedicata alle sue idee e, soprattutto, a metterle in pratica”.

Il racconto di Volkov,  ha come sfondo lo stesso incantevole giardino dove avvennero i fatti terribili del ’40. Ci parla dell'ultimo capitolo della vita di suo nonno, offrendo uno sguardo sulla persona che va oltre la leggenda, un accenno di normalità che in qualche modo sopravvive al fervore ideologico, al dramma storico e alla tragedia familiare di quegli anni comunque straordinari.

Trotsky arriva in Messico nel 1937, dopo quasi un decennio di vagabondaggio ed esilio dall'altra parte dell'Atlantico. Ottiene l'asilo politico da parte del post-rivoluzionario governo del presidente Lázaro Cárdenas, per volere di Diego Rivera. A quel punto aveva già perso la battaglia per dirigere il corso del socialismo nell’Unione Sovietica di Stalin, ma anche tutti e quattro i suoi figli, e molti altri parenti ancora.

Ma Volkov, che è arrivato in Messico due anni dopo, all'età di 13 anni, dice che suo nonno non è mai apparso abbattuto."Era sempre pieno di vita e di energia", ricorda. "Aveva una fiducia del tutto straordinaria e contagiosa: l'avvento del socialismo era inevitabile, inevitabile e assoluto."

Volkov ricorda anche il lato umano di Trotsky - il muso duro bolscevico accusato per la brutale repressione della rivolta di Kronstadt - come un nonno affettuoso e attento, quando non era sommerso dal suo lavoro. Il vecchio, come era conosciuto in casa, si alzava presto per dare da mangiare alle galline e ai conigli che teneva in fondo al giardino, per poi immergersi nel suo lavoro, scrivere una biografia di Stalin, dietro cospicuo pagamento, fermandosi solo per brevi sonnellini e pasti collettivi. E Volkov ricorda di come andava nello studio per stare un po’ con suo nonno. Sorride al ricordo di una partita a scacchi in cui fu sonoramente battuto. Ma Trotsky mantenne decisamente suo nipote lontano dai dibattiti politici che risuonavano intorno alla casa, come per proteggerlo dai costi terribili che aveva già pagato la sua giovane vita.

Volkov, infatti, prima di arrivare in Messico, aveva vissuto a Yalta, Mosca, Berlino, Vienna, Parigi e su un'isola turca. Un cammino costellato da fatti tragici come la morte del padre e della madre e di altre importanti figure della sua infanzia. Col nonno Trotsky e Natalia Sedova, la sua seconda moglie, Volkov condivide la sua nuova casa messicana con sette segretari e numerose guardie, che descrive come “una grande famiglia”.
La maggior parte americani, per evitare, in qualsiasi modo, che Trotsky infrangesse la sua promessa di stare fuori dalla politica locale. Da allora la famiglia non aveva più l'aria bohemien di una volta, così come descritto da Rivera e Frida Kahlo.  Ma c'erano ancora giochi in giardino la domenica, gite in campagna per raccogliere cactus, e uscite al cinema - almeno fino al 24 maggio 1940, giorno in cui venti uomini armati fanno irruzione nella casa, guidati da uno stalinista messicano, David Alfaro Siqueiros. Volkov si rannicchiò dietro il suo letto, mentre i proiettili volavano da tre lati. Nella stanza accanto, Sedova spinse il marito in un angolo, e gli fece scudo con il suo corpo.

La casa fu successivamente fortificata con porte in metallo e torri di guardia e le uscite furono bandite, ma un po’ di buon umore, nonostante tutto, rimase ancora. “Natasha, ci ha dato un giorno in più di vita”, la ricorda Volkov scherzare la mattina. “Ma mio nonno sapeva che il prossimo attacco sarebbe stato presto. La domanda era da dove”.

E’ venuto da dentro. Un agente stalinista si era avvicinato alla casa attraverso una vicenda iniziata anni prima, con un membro di fiducia del cerchio interno. "E 'stato molto ben architettato" racconta, Volkov, con un pizzico di ammirazione. "Eravamo come bambini rispetto a loro."
Volkov è improvvisamente triste, ricorda il periodo "solo e vuoto" che ne seguì, ma descrive se stesso come un uomo fortunato che, ha visto la storia svolgersi davanti ai suoi occhi e quindi la possibilità di una carriera tranquilla e gratificante come ricercatore chimico e anche di un matrimonio felice con quattro bambini. Tre dei suoi quattro figli - un poeta, uno statistico e un medico - vivono ancora in Messico, mentre il quarto è ora il capo dell'Istituto nazionale di abuso di droga negli Stati Uniti.

Continua comunque a credere che il cambiamento radicale, secondo le linee fissate dal nonno rimane cosa necessaria: "Il capitalismo è un disastro totale, completamente incapace di risolvere i problemi dell'umanità. Si tratta di un sistema obsoleto" afferma.
Quest'anno, come ogni anniversario della morte di Trotsky, una semplice commemorazione è prevista accanto alla piccola tomba del rivoluzionario, decorata con una falce e martello, al centro del  giardino della vecchia casa, ora un museo, che  non vanta certo le code che si formano davanti alla casa della Kahlo, dietro l'angolo. Cosa di cui  Volkov pare non preoccuparsi affatto, convinto che le generazioni future daranno il giusto posto al nonno Lev Trotsky. "Non abbiamo fretta", dice con fiducia negli inarrestabili processi storici, il chè avrebbe fatto sicuramente orgoglioso suo nonno.

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