di Antonio Sciotto

Rac­co­gliere cin­quan­ta­mila firme per can­cel­lare il pareg­gio di bilan­cio in Costi­tu­zione, entro il pros­simo aprile: è l’obiettivo di «Col pareg­gio ci perdi», cam­pa­gna soste­nuta da decine di asso­cia­zioni e comi­tati locali, da Arci alla Fiom, da Legam­biente a Sbi­lan­cia­moci e Unione degli stu­denti. Il comi­tato pro­mo­tore, gui­dato da Ste­fano Rodotà, ieri ha fatto il punto a Roma, in un dibat­tito che ha visto pro­ta­go­ni­sti i segre­tari gene­rali di Cgil e Fiom, Susanna Camusso e Mau­ri­zio Landini.

Secondo Lan­dini, "è fon­da­men­tale met­tere a frutto la par­te­ci­pa­zione che si è vista negli ultimi mesi, con il 25 otto­bre e poi con lo scio­pero gene­rale, e allar­garla oltre il sin­da­cato: anche a tutti quei sog­getti che hanno ani­mato la ‘Via mae­stra’ del 12 otto­bre 2013, e non solo a loro".

Un nuovo par­tito della sini­stra? Il segre­ta­rio Fiom non lo dice espli­ci­ta­mente, ma è chiaro che la pre­oc­cu­pa­zione è quella di dare una qual­che rap­pre­sen­tanza al mondo del lavoro. E non a caso la cam­pa­gna è appog­giata da Sel, Prc e Altra Europa con Tsi­pras, e nel pub­blico ci sono par­la­men­tari come Ste­fano Fas­sina e Gior­gio Airaudo.

Quindi la mobi­li­ta­zione "deve con­ti­nuare": "Lo scio­pero non era solo un modo di dire ‘noi ci siamo e fini­sce qua’ – aggiunge il segre­ta­rio Fiom – Né mi illudo che l’incontro pre­vi­sto domani a Palazzo Chigi (oggi con Poletti sul Jobs Act, ndr) possa cam­biare radi­cal­mente le cose. Ma appunto per que­sto dob­biamo con­ti­nuare insieme, anche per soste­nere altre ini­zia­tive impor­tanti, come la pro­po­sta di legge Cgil sugli appalti".

Anche per Susanna Camusso è fon­da­men­tale "con­ti­nuare la mobi­li­ta­zione, in forme diverse": "Per­ché mi rifiuto di pen­sare – spiega – che tutto è con­cluso con l’approvazione del Jobs Act e della legge di stabilità".

L’incontro a Palazzo Chigi, per la segre­ta­ria Cgil "è la prima smen­tita di quella nar­ra­zione, e insieme il primo risul­tato dopo lo scio­pero: certo non mi fac­cio illu­sioni che il governo abbia cam­biato idea e che noi riscri­viamo i decreti dele­gati, ma insomma c’è un primo passo".

Netto no, però, da parte di Camusso, all’idea che il sin­da­cato possa farsi cen­tro di una ini­zia­tiva di rifon­da­zione della poli­tica: "Il sin­da­cato non deve farsi carico della rap­pre­sen­tanza poli­tica – dice la lea­der Cgil – Noi diamo voce al mondo del lavoro, con­tri­buiamo a riu­ni­fi­carlo: serve un sin­da­cato con­fe­de­rale forte, che segnali che c’è biso­gno di rimet­tere al cen­tro il lavoro. Quindi niente cin­ghia di tra­smis­sione o altri dibat­titi anti­chi, non pos­siamo fare i sup­plenti di un’assenza".

Fir­mare per la pro­po­sta di legge sul pareg­gio, per Camusso è impor­tante per tre ordini di motivi: «L’economia non può gover­nare la poli­tica. Non pos­siamo impe­dirci di fare inve­sti­menti pub­blici. E il pub­blico deve uscire dall’immagine nega­tiva che gli attac­cano addosso».

La diret­trice de il mani­fe­sto Norma Ran­geri, mode­ra­trice del dibat­tito, passa la parola a Rodotà: e ricorda un’intervista a Renzi, durante i giorni del governo Monti in cui si appro­vava il pareg­gio in Costi­tu­zione, in cui l’attuale pre­mier difende il pen­siero libe­ri­sta: "E ora siamo al re e alle regi­nette che gover­nano con poca par­te­ci­pa­zione del Par­la­mento e della società civile". "Siamo al re e alle prin­ci­pes­sine", replica con una bat­tuta il costi­tu­zio­na­li­sta, a indi­care che Renzi non ha al momento oppo­si­tori, nean­che interni. Per que­sto, secondo il pro­fes­sore, si dovrebbe tor­nare a una cen­tra­lità della poli­tica: "Quando si approvò lo Sta­tuto, si scrisse in Gaz­zetta uffi­ciale ‘dispo­si­zioni su dignità e diritti dei lavo­ra­tori’, e invece oggi è cam­biato tutto: da Sac­coni in poi si parla solo di ‘lavori’, qual­cosa di neu­tro, una varia­bile del mer­cato che puoi manipolare".

Con Renzi, secondo Rodotà, si è andato ben oltre "i ten­ta­tivi molto più mode­sti di Ber­lu­sconi e Monti, con le modi­fi­che degli arti­coli 41 e 81, e l’introduzione dell’articolo 8: con il Jobs Act siamo alla ces­sione di sovra­nità non più solo all’economia, ma pro­prio all’impresa".

"Dob­biamo ricon­qui­stare i diritti – dice Rodotà – per­ché non sono mai acqui­siti per sem­pre. Il sin­da­cato non può essere sog­getto di rap­pre­sen­tanza poli­tica, ma pone dei pro­blemi alla poli­tica, e rico­strui­sce legami. Con­ti­nuiamo tutti assieme, con que­sta rac­colta firme sull’articolo 81, con la modi­fica dei rego­la­menti par­la­men­tari per far arri­vare le pro­po­ste di legge popo­lare a discus­sione certa, con la pro­po­sta di legge Cgil sugli appalti, e quella sul red­dito minimo garantito".

Condividi