di Mario Bravi, Segretario Generale Cgil Umbria

PERUGIA - Nel corso della presentazione del libro: “Poliarchia e bene comune. Chiesa, economia e politica per la crescita dell’Umbria”; svoltasi lunedì 28 febbraio presso la Sala dei Notari di Perugia, alla presenza di Monsignor Vincenzo Paglia e dell’On. Giuliano Amato, abbiamo assistito ad un durissimo, e secondo noi del tutto immotivato, attacco del professor Ernesto Galli Della Loggia, tra l’altro autorevole editorialista del Corriere della Sera, all’istituto della concertazione che, “Oddio!”, la Regione dell’Umbria ha colpevolmente, sempre secondo l’autorevole professore, inserito nello Statuto regionale.

Ora pensiamo che si possa discutere su tutto e che comunque il confronto e la discussione pubblica siano utili. Purché si faccia chiarezza su alcuni elementi fondamentali.

La concertazione che nella nostra regione ha avuto varie fasi ha l’obiettivo di sviluppare il confronto e la discussione fra tutte le forze sociali, a partire dal lavoro, rappresentato dai sindacati confederali, che nella nostra regione è la parte più colpita dalla crisi economica che l’attraversa.

Non crediamo che di per sé la concertazione comprima il ruolo delle istituzioni, anzi sicuramente ne costituisce un elemento di valore.

Però, siccome siamo convinti che l’Umbria sia collocata nel contesto nazionale e ne subisca fortemente le conseguenze, anche per quanto riguarda la congiuntura economica e sociale, vorremmo chiedere al professori Galli Della Loggia se è più moderno, rispetto alla concertazione regionale, il modello imposto da Berlusconi e da Sacconi che non prevede nessuna concertazione con le forze sociali, a meno che non si dichiari il consenso preventivo al Governo. Una linea basata sul tentativo di dividere le organizzazioni sindacali e su una politica fiscale che vede il lavoro tassato per oltre il 30%, mentre i lauti profitti di Berlusconi e dei suoi amici solo al 12,5%.

Caro professor Galli Della Loggia, questa politica fiscale, che non è frutto della inesistente concertazione nazionale, è emblema di modernità? O è moderno il cosiddetto modello Marchionne basato sull’autoritarismo e sul ricatto?

Vorrei sommessamente ricordare che Gustavo Zagrebelsky, professor emerito e già membro della Corte Costituzionale, ha ad esempio indicato nell’accordo Fiat un sostanziale disconoscimento della bilateralità e una logica improntata al più stantio autoritarismo aziendale.

Crediamo sia giusto riflettere anche su questo e perciò chiediamo a tutti, anche agli intellettuali più autorevoli, di riflettere sul senso vero delle parole.

Il senso di parole come: democrazia, modernità, autoritarismo e concertazione.

Solo riflettendo in maniera approfondita si può dare un contributo all’Umbria.

 

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